Svizzera

Nuovo sciopero oggi all'Ats

Nessun obbligo in fatto di service public, dice il Ceo Markus Schwab. Bertil Cottier: ha ragione, purtroppo.

((foto Keystone))
30 gennaio 2018
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La misura è colma. A una settimana esatta da uno sciopero di avvertimento di tre ore, i collaboratori dell’Ats incrociano nuovamente le braccia oggi. Questo è quanto prevede una risoluzione adottata ieri sera a Berna, a stragrande maggioranza, durante un’affollata assemblea del personale. Nel testo, del quale la ‘Regione’ possiede una copia, il personale dell’Ats chiama in causa il consiglio d’amministrazione e si scaglia contro “l’ottusa” posizione della direzione aziendale, che dopo le dichiarazioni del Ceo Markus Schwab alla ‘Nzz am Sonntag’ “ha perso definitivamente la fiducia della redazione”.

Quando afferma che l’Ats non è un’organizzazione no-profit, non ha obblighi in fatto di servizio pubblico e deve rispondere solo ai suoi azionisti (cfr. ‘laRegione’ di ieri), Markus Schwab su un piano strettamente giuridico (e anche su quello contabile-commerciale) «ha ragione, purtroppo». Il direttore generale dell’Agenzia telegrafica svizzera «ha il diritto dalla sua parte, e ha anche la contabilità». Dimentica però «il ruolo che l’Ats ha sempre avuto e che dovrebbe continuare ad avere». Bertil Cottier, professore di diritto della comunicazione alle università di Lugano, Losanna e Neuchâtel, inquadra in questi termini la ristrutturazione in corso all’Ats (cfr. scheda sotto).

Per l’esperto di diritto dei media, l’agenzia ha «un problema fondamentale»: assolve un compito di servizio pubblico che non ci si è mai premurati di definire. «Come la Ssr, anche l’Ats contribuisce alla coesione nazionale: così hanno voluto oltre un secolo fa gli editori che l’hanno creata», spiega Cottier alla ‘Regione’. Il problema è che «questo mandato non ha mai ottenuto un riconoscimento ufficiale, istituzionale».

Markus Schwab lo sa bene. In un’intervista alla ‘Nzz am Sonntag’, il 55enne Ceo – ex responsabile delle finanze e dell’amministrazione dell’Ats – non s’è lasciato sfuggire l’occasione per ricordare che l’agenzia è una società che deve generare utili. Non solo. “Perché si pensa che abbiamo un obbligo per un servizio pubblico?”, si è chiesto.

La Carta dell’Ats – pubblicata sul suo sito internet – fa del “servizio di base” la “priorità” dell’agenzia. Servizio di base inteso come “servizio pubblico”, poiché concepito “in uno spirito federalista”, con un’offerta “equivalente nelle tre lingue ufficiali e a prezzi identici”, fornita da un’agenzia che “non ha scopi di lucro”, che opera “nell’interesse generale del Paese” e che “contribuisce alla formazione delle opinioni in un sistema democratico e allo scambio di informazioni tra le regioni linguistiche”. Non basta, ritiene Cottier. La ‘Carta’ è «un documento ‘privato’, che gli stessi proprietari dell’Ats si sono dati». Per questo l’Ats è vulnerabile: «In una situazione di crisi come quella attuale, l’agenzia non può avvalersi di una base giuridica forte».

Le cose potrebbero cambiare in un prossimo futuro. La Confederazione prevede di versare all’Ats ogni anno, a partire dal 2019, 2 milioni di franchi del canone radiotelevisivo: verrebbe così consacrata la vocazione al ‘service public’ dell’agenzia. Schwab non considera tale contributo una sovvenzione, ma un mandato di prestazione. “Siamo liberi di decidere se accettarlo”, ha dichiarato, rilevando che forse questo incarico non è per nulla conveniente per l’azienda. Cottier, dal canto suo, guarda oltre: alla futura legge sui media elettronici, destinata a sostituire tra qualche anno l’attuale normativa. «C’è da sperare – afferma – che attribuisca all’Ats un ruolo che le garantisca una certa perennità, una certa missione. Altrimenti l’agenzia finirebbe nelle mani dell’austriaca Apa [Österreichische Presseagentur]: se la fusione con Keystone andrà in porto, gli azionisti di Ats saranno infatti minoritari nell’organismo che deciderà gli orientamenti della nuova entità Ats/Keystone».

Prima si ristruttura, poi si ridefinisce la strategia: così si sta facendo all’Ats. Un approccio che «segue una logica puramente commerciale», osserva Cottier. «Ma un’azienda mediatica – puntualizza – è solo in parte un bene di mercato: ha anche una funzione di formazione dell’opinione in una società democratica. Non si può ragionare unicamente in una logica di mercato, come fa Schwab». Tanto più che «l’Ats ha un ruolo essenziale – soprattutto per i numerosi piccoli giornali – in un Paese diversificato come il nostro, con tutte le sue particolarità, le sue regioni linguistiche, le sue diverse culture. Abbiamo bisogno di entità che fungano da ponte: come la Ssr in ambito radiotelevisivo, o l’Ats per la stampa scritta». In questo senso, quella in corso all’Agenzia telegrafica svizzera non è una delle tante ristrutturazioni nel mondo dei mass media alle quali ormai siamo abituati in Svizzera.

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