Svizzera

L'Appello ribalta la sentenza: l'oste di Erstfeld è un omicida

22 gennaio 2018
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Il Tribunale di appello del Canton Uri ha inflitto una pena di dieci anni di reclusione per tentato assassinio all’ex oste di Erstfeld (UR), accusato di aver commissionato l’assassinio della moglie, rimasta gravemente ferita da tre colpi d’arma da fuoco nel novembre del 2010. Con tale sentenza il Tribunale d’appello urano corregge così – su richiesta del Tribunale federale (TF) – il suo verdetto del 2016, che per insufficienza di prove aveva assolto Ignaz Walker dall’imputazione di aver commissionato l’assassinio della consorte.

Il TF aveva annullato il proscioglimento, ritenendo che la valutazione delle singole prove fosse incompleta in vari aspetti e la decisione in parte insostenibile. In occasione della lettura della sentenza oggi ad Altdorf, relativa al dibattimento concluso il 20 novembre, il presidente della corte Thomas Dillier ha spiegato che il tribunale d’appello ha stabilito la pena dopo avere valutato nuovamente dichiarazioni di testimoni, telefonate, ricostruzione della sparatoria, alibi e moventi. Sono così emerse prove legalmente sufficienti per la colpevolezza dell’imputato, che si è detto vittima delle autorità urane.

Egli deve essere per forza stato colui che ha commissionato di sparare alla moglie. Ed è appurata anche la partecipazione del killer assoldato, un croato oggi 29enne, condannato a otto anni e mezzo di reclusione. È stato espulso dalla Svizzera nell’agosto scorso, dopo aver scontato i due terzi della pena. Nel 2012, il 49enne ex gestore era stato condannato a dieci anni di carcere in primo grado e poi, nel 2013, a 15 anni in appello dal Tribunale superiore urano. Nel dicembre 2014, il Tribunale federale aveva annullato in parte la sentenza. L’imputato, che aveva già passato quattro anni in detenzione preventiva, era così tornato davanti ai giudici di Altdorf (UR) nell’ottobre del 2015. Nell’aprile del 2016 il tribunale d’appello urano lo aveva in parte assolto. La parziale assoluzione del 2016 era stata pronunciata "in dubio pro reo", ossia a favore dell’accusato in caso di dubbio, ha aggiunto Dillier.

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