Svizzera

Retata anti-terrorismo: detenzione preventiva per la 23enne arrestata a Neuchâtel

(Francesca Agosta)
13 novembre 2017
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È stata posta in detenzione preventiva la 23enne colombiana arrestata in Svizzera nel corso dell’operazione coordinata franco-elvetica contro il terrorismo islamico avvenuta il 7 novembre. Lo ha annunciato oggi il Ministero pubblico della Confederazione.

Il giudice dei provvedimenti coercitivi ha accolto la richiesta di detenzione per tre mesi, ha detto all’ats una portavoce della Procura federale. Quest’ultima non ha fornito invece indicazioni riguardo al 27enne svizzero arrestato in Francia nel corso della medesima operazione, in cui sono finite in manette in tutto 10 persone.

Stando a "Le Matin Dimanche" di ieri il giovane, un ex cattolico di origini croato-bosniache convertitosi all’islam e poi radicalizzatosi che si faceva chiamare Abdel al-Bosni, è il compagno della 23enne colombiana.

Egli avrebbe lasciato di primo mattino per la Francia il domicilio comune a St-Aubin-Sauges, nel cantone di Neuchâtel, nel quale ha poi fatto irruzione la polizia che ha arrestato la sudamericana, mentre la ragazza si trovava con i due figli di 6 mesi e tre anni.

Sempre secondo notizie di stampa che non hanno finora trovato conferma ufficiale il 27enne, cresciuto a Yverdon e a Losanna, è finito nel mirino degli inquirenti nel giugno 2016 e l’inchiesta è stata successivamente estesa alla compagna colombiana. Il ministro dell’interno francese, Gérard Collomb, ne ha parlato come di un "sedicente imam".

Sabato è stata annunciata ufficialmente in Francia l’apertura di un’inchiesta contro otto degli arrestati, perché sospettati di aver progettato un attentato islamista. Gli otto sono accusati di essere membri di un’associazione terroristica, secondo quanto ha riferito l’agenzia stampa Afp citando una fonte giudiziaria francese. La Procura ha chiesto il carcere preventivo per sette di loro, mentre per l’ottavo ha auspicato il controllo giudiziario, una misura meno severa. La posizione del 27enne svizzero non è nota.

Una fonte vicina all’inchiesta in precedenza aveva indicato all’Afp che gli indagati partecipavano a un gruppo di discussione del servizio di messaggistica istantanea Telegram, frequentemente utilizzato dai jihadisti, nell’ambito del quale si sono espressi con "dichiarazioni preoccupanti". Stando alla stessa fonte, taluni degli arrestati si sono detti "esplicitamente sostenitori" dell’autoproclamato Stato islamico (Isis).

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