Sci

L'Agenzia antidoping: 'Quei dati sono antecedenti al 2009'

Per bocca di Olivier Niggli, l'Ama interviene sui sospetti legati ai fondisti: prima dell'avvento del passaporto biologico simili casi erano difficilmente sanzionabili

5 febbraio 2018
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L'Agenzia mondiale antidoping dice la sua, sul caso dei sospetti legati all'utilizzo diffuso del doping nel mondo dello sci di fondo emerso domenica, risultato di un'inchiesta condotta da un pool di giornalisti, i quali erano venuti in possesso di oltre diecimila test sanguigni effettuali su duemila atleti. Quei dati, analizzati da alcuni esperti, secondo la tivù tedesca Ard e il giornale britannico Sunday Times dimostrerebbero che «il 46% delle medaglie attribuite nello sci di fondo a Mondiali o Giochi tra il 2001 e il 2017 è stato vinte da atleti che, in uno o più casi, ha presentato dei valori ematici giudicati anomali». Ciò che farebbe pensare a trattamenti a basi di Epo, oppure ad autotrasfusioni, oppure ancora ad altre pratiche in grado di migliorare la resistenza fisica.

«In ogni caso, sembra che la grande maggioranza dei dati sia antecedente all'introduzione del passaporto biologico, nel novembre 2009» dice Oliver Niggli, il direttore generale dell'Agenzia mondiale antidoping, ai colleghi dell'agenzia France Presse. Lasciando intendere che casi del genere erano difficilmente sanzionabili all'epoca. Il passaporto, infatti, ha proprio la funzione di sorvegliare nel tempo l'evoluzione dei dati biologici di ciascun atleta, per stabilire se vi è stato uso di sostanze dopanti attraverso variazioni sospette senza neppure dover mettersi a scoprire il prodotto proibito. Oggi, di quel passaporto ce ne sono due versioni, uno sanguigno e uno steroideo. «Purtroppo – continua Niggli –, il Sunday Times rifiuta di trasmetterci quei dati, ciò che ci rende difficile poter fare dei commenti» 

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