Hockey

Ambrì, l'attesa di Luca Cereda: 'Ora ci serve la costanza'

L'autunno del Covid e delle incertezze. 'È frustrante dover cambiare dalla sera alla mattina'. E pure del mercato lento. 'Non c'è la solita frenesia'

Il coach biancoblù vuol vedere più continuità a 5 contro 5: 'E il prima possibile' (Ti-Press/Crinari)
3 dicembre 2020
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«Giusto l’altro giorno mi sono deciso a dare un’occhiata alla classifica, perché avevo l’impressione che ogni sera giocassero più o meno le stesse squadre. Infatti è un bel casino, ma così stanno le cose: questa stagione si deve fare a gara per adattarsi il meglio possibile. E ora ci si mette anche la neve...». Se Luca Cereda, di regola, è uno che la classifica la guarda poco, in questo clima di hockey pandemico è anche meno invogliato del solito a buttarcisi. «Al limite si potrebbe ragionare sui punti partita, ma anche quello in fondo direbbe poco, perché bisognerebbe poi vedere chi ha giocato contro chi», dice il trentanovenne tecnico dell’Ambrì.

Su tutto il resto, invece, Cereda ha le idee ben chiare. «Di positivo c’è che abbiamo dimostrato di avere una certa solidità, ma ciò che ci manca ancora è la costanza. Infatti ci sono troppi alti e bassi tra una partita e l’altra. Con questo non dico che poi la vittoria sarà sempre una logica conseguenza, ma va da sé che se le prestazioni che offri sono buone, a medio o lungo termine ti sarà più facile riuscire a importi».

Le statistiche, invece? Quelle degli special team raccontano che il tuo Ambrì è sopra la media nella produzione in superiorità numerica, e ha persino il secondo miglior boxplay della Lega. «Direi che le situazioni speciali sono okay, ma bisognerà comunque lavorarci ancora, durante l’intera stagione, siccome le situazioni cambiano e, naturalmente, gli avversari studiano e quindi sanno come ti muovi. Secondo me, il vero margine di miglioramento è a cinque contro cinque. Dove dobbiamo fare dei passi avanti appunto in termini di costanza, con quattro linee che ‘viaggiano’ e creano gioco e occasioni. È quello che vogliamo migliorare, e il prima possibile».

Julius e il vizio che non passa. 'Ma la percentuale calerà'

Chi, invece, la costanza l’ha ampiamente trovata è Julius Nättinen, miglior realizzatore dell’intero il campionato con 12 gol in appena 10 partite... «Dopo gli acciacchi che l’avevano frenato in preparazione è rientrato bene, e credo che il fatto di aver segnato subito alla sua prima partita l’abbia aiutato a prendere fiducia. In sé stesso e nella squadra. Penso però che abbia ancora dei margini di miglioramento a livello di gioco: naturalmente immagino che la sua percentuale al tiro un po’ calerà, ma penso che potrà crescere in termini di pericolosità a livello di gioco, ciò che gli permetterà di bilanciare quella perdita di efficienza. Che, evidentemente, non potrà rimanere sempre così elevata».

Ciò che faceva in Finlandia è comunque subito riuscito a farlo anche in Svizzera. Segno che, se ce l’hai, il vizio del gol non te lo toglie nessuno. «Indubbiamente è un bravo giocatore, ha dei sogni e degli obiettivi ben chiari. Vuole, un giorno, giocare nuovamente la carta della Nhl: ed è un buon mix, perché quando uno è bravo e ha ambiziosi traguardi da raggiungere lavora bene, con la determinazione per farcela. È un po’ quello che cercavamo noi, e devo dire che finora di lui siamo molto contenti».

Qual è, invece, ciò che più ti preoccupa in una stagione senza retrocessione, misura pensata proprio per mitigare le iniquità causate del Covid? «Direi le grandi difficoltà sul piano dell’organizzazione. A noi piace pianificare il lavoro, ma quest’incertezza porta a dover cambiare improvvisamente, magari dalla mattina alla sera, ciò che era già stato programmato. Ecco, è questa la cosa più frustrante. Ma so bene che non riguarda unicamente l’hockey, bensì tutti gli aspetti della vita».

E il fatto che non ci sia pubblico sugli spalti? «Evidentemente è ciò che segna la maggior differenza rispetto alla normalità. E per noi cambia tanto, a livello di dinamica. Direi nei picchi di adrenalina all’interno di una partita».

A inizio stagione avevi detto che l’Ambrì è una squadra da ultimi posti, ma alcuni tifosi non avevano capito il motivo di quell’uscita. «Ma è la verità. Anche solo storicamente, se vogliamo: negli ultimi quindici anni forse, l’Ambrì è arrivato due volte ai playoff. Non ci sono storie: siamo uno dei club di bassa classifica, e ogni sera, di conseguenza, dobbiamo trovare degli stratagemmi per colmare il divario che esiste nei confronti di altre squadre. Ma quando accetti la situazione, quello diventa un tuo punto di forza».

Gli occhi sul cantiere. 'Tutti i giorni, quando si arriva o si va'

Tuttavia, all’orizzonte adesso c’è un traguardo sospirato e tremendamente importante, che segnerà praticamente un nuovo inizio per l’Ambrì: la nuova Valascia. Dì la verità, quante volte ti è capitato di alzare lo sguardo verso il cantiere? «Tutti i giorni, perché quando arrivo alla pista dal parcheggio la si vede. O all’arrivo, o alla partenza un’occhiata gliela si dà sempre. E ci si pensa: vedi che il tetto è praticamente finito e che i lavori avanzano, ed è normale che ci sia l’eccitazione di vederla ultimata e andare a lavorarci. Anche se c’è un po’ di tristezza per il fatto di lasciare la vecchia Valascia, dove parecchi di noi hanno vissuto tantissime emozioni».  

Fosse vera quell’indiscrezione del Blick, che dà per certo un suo ritorno ad Ambrì, anche se per ora di certo non v’è un bel nulla, in quel nuovo stadio potrebbe esserci pure Inti Pestoni... Di queste voci, dei cosiddetti ‘rumor’, in tempi di Covid se ne parla con lo stesso interesse? «Onestamente no, di mercato si parla molto molto poco. È come se si fosse fermato un po’ tutto, in mezzo a questa grande incertezza. Legata, anche, alla questione dei sussidi da parte della Confederazione, con possibili condizioni di cui ancora non si sa nulla. Per questo ho l’impressione che le società tendano a muoversi con molta cautela. E sento che se ne parla poco anche tra giocatori, nello spogliatoio, pure tra quelli che sono in scadenza contrattuale: in tempi normali, durante l’autunno si percepisce una certa frenesia, mentre invece ora regna la calma».

Chissà, magari anche in futuro un mercato più lento, più ragionato potrebbe essere uno dei (pochi, per dire il vero) effetti benefici del Covid... «Sì, e magari anche un po’ più sano, fra virgolette – conclude Cereda –. Senza che si arrivi a dover fare pazzie, rischiando di mettere in pericolo anni e anni di storia dei nostri club. I quali però, ogni tanto, giocando magari sulle emozioni e sulla voglia di fare il grande passo si assumono qualche rischio di troppo».

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