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Roberto Delorenzi, a passo di corsa sopra le nuvole

Sul Kilimangiaro, a quota 5’895 metri sul mare, il ticinese ha vinto la massacrante maratona di 53,5 km. ‘A dire il vero, per errore ne ho percorsi 62...’

Alla Kibo Hut, ai piedi del cono del vulcano
10 giugno 2022
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Di norma, chi si avvicina alla scalata del Kilimangiaro, la vetta più alta del Continente africano con i suoi 5’895 metri, lo fa "pole pole" ("piano piano", in swaili), come da sempre suggeriscono ai loro clienti i responsabili del Marangu Hotel, una sorta di campo base per l’ascesa al vulcano. C’è però chi, di andare "pole pole" non ha nessuna intenzione. Anzi, il Kibo (nome locale della montagna) se lo beve tutto d’un fiato, possibilmente di corsa. Alla faccia del mal di montagna causato dall’ipossia. Tra questi temerari, spicca il ticinese Roberto Delorenzi (classe 1997), grande protagonista della prima edizione della World Highest Marathon (la maratona più alta del mondo), disputata giusto un mese fa in Tanzania. Oltre 50 km (53,5, per la precisione), partendo dai 4’800 metri di quota del Barafu Camp, luogo dell’ultimo pernottamento lungo la Machame Route. «A dire il vero – afferma l’ultrarunner di Sigirino –, io di chilometri ne ho percorsi addirittura 62, a causa di un errore di percorso». E ciò nonostante, Roberto Delorenzi, l’ultramaratona del Kilimangiaro l’ha addirittura vinta, con il tempo di 8h52’31", staccando di 34’ il filippino Elias Tabac e di quasi un’ora il tanzaniano Emmanuel Paulo.

«I primi cinque giorni li abbiamo dedicati all’acclimatazione, salendo a tappe dal Machame Gate all’ingresso del parco, fino al Barafu Camp, dove abbiamo trascorso l’ultima notte prima dell’inizio della competizione. Sveglia all’1.30 del mattino, poi 120 metri di dislivello quale riscaldamento per portarci in zona partenza. Alle 3 del mattino siamo scattati da quota 4’830, per la Vertical più alta del mondo, praticamente 1’060 metri di dislivello fino a Uhuru Peak, il punto più alto del vulcano».

Una Vertical che Delorenzi ha letteralmente dominato, chiusa con 35’ di vantaggio sul tanzaniano Mussa Mwakyusa… «Ovviamente, non è pensabile correre tutto il tempo, soprattutto a quelle altitudini. Di conseguenza, il tratto di Vertical l’ho effettuato camminando il più veloce possibile, con alcuni tratti a corsa quando, dopo aver raggiunto il bordo del cratere allo Stella Point ho dovuto girargli attorno per raggiungere Uhuru Peak. Una volta toccato il punto più elevato, giù a capofitto dal Gilman’s Point lungo la Marangu Route fino ai 1’870 metri dell’ingresso del parco. Complessivamente, abbiamo percorso 32 km al di sopra dei 4’000 metri. La mia tattica di gara si incentrava proprio su una rapida salita del cono del vulcano, con l’ausilio di bastoncini da montagna. Una volta in cima, li ho riposti nel sacco mi sono buttato a capofitto nel lungo tratto di discesa (praticamente un dislivello di 5’000 metri). A dire il vero, il tracciato non era segnalato in maniera impeccabile, tanto che sia io, sia altri partecipanti abbiamo sbagliato strada. Fortunatamente, avevo chiuso i 1’060 metri di dislivello positivo in 1h17’, con ampio margine sul secondo, per cui ho potuto comunque gestire la situazione».

Ai blocchi di partenza si sono presentati 14 concorrenti, tra i quali 3 donne e 5 guide locali. Non molti, ma le ovvie difficoltà insite nell’impresa e il fatto che si trattasse della prima edizione, hanno scoraggiato parecchi appassionati di skyrunning. Resta da chiedersi cosa abbia portato Roberto Delorenzi a gettarsi in una simile avventura… «La federazione mondiale di skyrunning, lo scorso anno aveva pubblicato un articolo di presentazione della maratona del Kilimangiaro, ma i costi di partecipazione – circa 7’000 franchi per nove giorni – mi avevano fatto accantonare l’idea. Due settimane prima dell’evento (5-11 maggio con gara il 9), su Instagram ho assistito a un live con gli organizzatori. La stessa sera ho sentito al telefono un conoscente che lavora per la federazione di skyrunning, il quale mi ha chiesto se fossi interessato a partecipare. Lui ha perso contatto con la Tanzania e tre giorni più tardi mi è giunto l’invito ufficiale da parte dell’organizzazione. A quel punto ho deciso di accettare, nonostante al giorno della partenza mancasse soltanto una settimana: ho dovuto risolvere tutti i problemi – università, attrezzatura, visite mediche – nel giro di pochi giorni. Ovvio, sarebbe stato meglio potersi preparare in modo più mirato, magari in quota, ma essendo un runner di montagna semi professionista, all’altitudine sono abbastanza abituato».

Dopo un viaggio piuttosto lungo (20 ore), l’acclimatazione si è svolta senza grossi problemi… «Non ho mai avuto mal di montagna, nonostante sia partito con un po’ di tosse che mi sono tirato dietro per tutta la settimana. La prima notte del trekking l’abbiamo trascorsa a 3’000 metri e sentivo il cuore battere forte. In seguito mi sono abituato e l’ultima notte prima della partenza ero già sceso a 44 battiti, quando qui da noi arrivo di norma a 36 battiti».

Correre sulle nostre montagne è un conto, farlo oltre i 5’000 metri è un altro: l’abbigliamento non può essere lo stesso… «In verità, non ho utilizzato nulla di particolare. Fino a 5’300 metri ho tenuto i guanti da corsa invernali, poi siccome faceva un po’ freddo, ho messo le muffole. Per il resto, un paio di termiche, una giacca contro la pioggia, ma niente piumino da alta quota. La giornata era soleggiata e per quanto al momento del mio arrivo la vetta fosse ancora immersa nel buio, la temperatura non era inferiore ai -10 gradi. Per quanto riguarda le calzature, ai piedi avevo delle scarpe da trail, non gli scarponcini. Durante i primi giorni il tempo era piovoso e le previsioni davano mezzo metro di neve in quota, per cui eravamo attrezzati anche con gli scarponi. All’atto pratico non abbiamo calpestato nemmeno un metro di neve, la via era totalmente sgombra».

Prima tappa del Golden Trail Series

Appena rientrato dalla Tanzania, Roberto Delorenzi è ripartito alla volta della Spagna, dove a fine maggio si è svolta a Zegama (Paesi Baschi) una prova del Golden Trail Series: un percorso di 42 km con 2’700 metri di dislivello positivo (quindi 5’400 complessivo)... «Ero stato messo in guardia su una seconda parte di tracciato molto tecnica, per cui ho deciso di partire in maniera prudente, così da conservare forze e concentrazione quando il terreno si fosse fatto più insidioso. Purtroppo, però, nella prima fase ho perso posizioni che non sono più riuscito a recuperare. Al termine ho chiuso al 29o posto su un lotto di 500 partecipanti. Una gara di livello altissimo, con al via i migliori 40 del ranking mondiale. L’importanza della competizione la si evince anche dal premio di 16’000 euro andati al vincitore, lo spagnolo Kilian Jornet Burgada, famoso runner e altrettanto famoso alpinista».

Prossimo appuntamento, il 26 di giugno, con la Maratona del Monte Bianco, partenza e arrivo a Chamonix… «Una prova molto più scorrevole rispetto a quella nei Paesi Baschi, pure questa inserita nel Golden Trail Series. I chilometri da percorrere saranno 42, per un dislivello positivo di 2’580 metri».

Una passione, quella per la corsa in montagna, che il runner ticinese coltiva fin da bambino, quando nel 2010 aveva preso parte a una ciaspolata al Nara… «Erano solo 400 metri di dislivello, ma mi avevano affascinato tutti quei partecipanti che al via erano scattati come razzi. Io ce l’avevo messa tutta, giungendo al traguardo esausto, ma classifica alla mano ci avevo impiegato più del doppio rispetto al vincitore. Mi chiedevo come avessero potuto mantenere un ritmo così elevato e lì mi è scattata la voglia di emularli. Ho iniziato a camminare con i bastoni, poi a correre e, una cosa tira l’altra, ho scoperto il piacere di correre in montagna, tanto che nel 2011 ho iniziato a gareggiare».

Messa in bacheca la vittoria sul Kilimangiaro, Delorenzi sta già pensando al resto della stagione… «Occorre innanzitutto fare chiarezza tra corsa in montagna, vertical e skyrunning. La prima è assai meno impegnativa, sia come dislivello, sia come passaggi tecnici. Una vertical presenta un dislivello di 1’000 metri gara soltanto in salita e con una pendenza minima del 20%, mentre una competizione di skyrunning propone sia salita, sia discesa, con almeno un punto del percorso al di sopra dei 2’000 metri. In settembre avranno luogo i Mondiali di skyrunning, con il Vertical previsto il 9 settembre e la race l’11 settembre, in Val Bognanco sopra Domodossola. Per questa gara sono già selezionato, mentre per i Mondiali di corsa in montagna, in programma in Thailandia a fine novembre, devo ancora staccare il ticket».

Ma l’appuntamento al quale Delorenzi tiene maggiormente è quello con la classifica generale del Golden Trail Series… «Si tratta di un circuito di sei gare, la prima delle quali è andata in scena a Zegama. Faranno seguito la maratona del Monte Bianco, poi una gara in Norvegia, la Sierre-Zinal e infine due tappe negli Stati Uniti. Lo scorso anno alla finale del circuito si qualificavano i migliori 11 della generale. Ero entrato per il rotto della cuffia e sull’isola di El Hierro (Canarie) avevo chiuso all’ottavo posto. Quest’anno l’accesso sarà garantito ai primi 30 e a Madera non si tratterà più di una corsa singola di 45 km, bensì di una prova a tappe di cinque giorni: 20 km, 30 km, 5 km, 20 km e ancora 30 km. Occorrerà sapersi gestire, perché nello skyrunning le gare a tappe sono praticamente inesistenti. La finale è prevista anche questa nel mese di novembre, per cui dovrò capire se sarà possibile inserire pure i Mondiali in Thailandia, in quanto cinque giorni così duri e intensi richiederanno parecchio tempo di recupero. Conto di riuscire a migliorare l’ottavo posto dello scorso anno».

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