L'INTERVISTA

L'equilibrio di Emma. 'Sport, musica e studi. E sto bene'

Razionale ma anche sognatrice. Talento dell'atletica svizzera, la diciassettenne Piffaretti si racconta. E più del vestito verde, brilla il suo sorriso.

21 settembre 2019
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Indossa un vestito di un bel verde acceso, ma a brillare è il suo sorriso, che racconta di lei senza bisogno di parole. Dice, quel sorriso che trasmette armonia e maturità, di una ragazza solare e tenace. «Sono paziente, penso; e determinata quando bisogna esserlo». Prende tempo. «Credo anche di essere una persona che lavora molto, se vuole ottenere una cosa». Emma Piffaretti racconta di sé come se componesse una partitura in cui strumenti e suoni diversi danno forma a un concerto.

Riconosciuta come un talento più che emergente dell’atletica svizzera, ha iniziato il terzo anno al Liceo Diocesano a Breganzona. All’indirizzo sportivo ha aggiunto l’opzione specifica di musica, «un doppio orientamento inedito ma, dopo i primi giorni, mi pare stia funzionando tutto bene». Con ‘tutto’, intende studi – quest’anno sosterrà anche la prima parte degli esami di maturità, che completerà l’anno prossimo –, allenamenti e gare, apprendimento dell’arpa che suona dall’età di nove anni e perfeziona al Conservatorio. «La musica per me è equilibrio. È uno spazio che mi sono creata, in cui posso sfogare la mia creatività e pensare ad altro. Perché è un linguaggio davvero diverso da studi e sport. Così quando voglio fare il pieno di energie o cambiare le idee, l’arpa è la soluzione migliore». Un diversivo stimolante, dice; che affronta con lo stesso impegno dedicato al percorso scolastico e alla crescita sportiva. «Suono anche con l’intento di salire di livello e imparare pezzi nuovi».

‘Individualità e squadra, amo questo mix’

La scelta di una disciplina sportiva individuale è stata naturale. «Prima di tutto a me piaceva correre, quindi l’atletica era l’ideale. Mi sono trovata da subito bene a correre da sola, poiché mi piace poter contare su me stessa. È vero che dietro di me c’è un team, ma chi corre, salta e lancia sono io e questo mi piace molto. Ci sono poi le staffette, che richiedono di collaborare con altre persone e amo questo mix di individualità e lavoro di squadra».

Per la preparazione individuale si divide tra Cornaredo e Mendrisio, mentre per i raduni collettivi invernali si sposta al Centro Atletica Ticino a Tenero. Alle gare vorrebbe approcciarsi «con la medesima filosofia a prescindere dal tipo di competizione, regionale o internazionale che sia. Però sul momento magari la vivo diversamente e maggiore è la portata dell’evento e più sento salire le emozioni, a volte difficili da controllare. Prima di ogni appuntamento discutendo con mamma, papà e allenatore, fissiamo degli obiettivi specifici e tecnici. Per un cento metri, ad esempio: partire subito al colpo dello sparo, spingere i primi 15 metri fortissimo e poi rialzarmi. Insomma, una serie di punti precisi i quali, sommati, portano al risultato, che ne è la conseguenza e mai il punto di partenza. Più riesco a focalizzarmi sull’aspetto tecnico che si è deciso di curare prima di una gara, più quella gara funziona bene e la prestazione arriva. Per me è fondamentale pensare a ciò che può portare a una riuscita, piuttosto che alla riuscita in quanto tale. Focalizzarsi solamente su dove si vuole puntare, può causare stress, mettere ansia e bruciare i passi necessari ad arrivarci. Mi concentro sulle cose che posso essere capace a fare e su cui ho modo di avere pieno controllo: non ho facoltà di essere in controllo di una misura, però delle azioni e dei movimenti che faccio, sì».

Propositi chiari, che non sempre si arriva a seguire. Quando non riesce a mettere in pratica ciò che si era prefissata, in pista la prima reazione «è un po’ di tristezza. Poi, tornando a casa, stilo un bilancio, provando a capire cosa ha funzionato e cosa no e perché qualcosa non ha funzionato. Anche dalle gare meno positive tento di trarre qualcosa di positivo, da mettere in pista la volta successiva. La chiave è rivalutare ciò che si è fatto, capire cosa si è sbagliato per provare a modificarlo la volta successiva. Può essere una mancanza di adrenalina o la scarsa concentrazione; ci sono tante spiegazioni possibili. A volte le individuo da sola, altre con l’aiuto di altri».

Tra tanta ragionevolezza, Emma dal sorriso luminoso concede spazio anche ai sogni. Sportivamente parlando, ne ha fin da bambina. «Uno è quello di ogni atleta, credo: andare alle Olimpiadi». Più a corto termine, le piacerebbe «molto» partecipare ai campionati europei assoluti nel 2020. «So però che è nella categoria giovanile che devo compiere i prossimi passi, e che saranno questi a portarmi a continuare la carriera con i grandi». Passi che potrebbero portarla l’anno prossimo al mondiale U20 a Nairobi.

Il traguardo, poi le lacrime. Di gioia.

Tra sport d’élite, apprendimento di uno strumento e studi superiori nell’agenda di Emma la razionale sembra rimanere poco tempo per altro. «Io vivo la mia vita da adolescente piuttosto bene, perché tutte le cose che faccio sono scelte che ho preso io. Alcune quando ero piccola e se le sto ancora portando avanti, è perché sono la mia passione. Non penso che mi manchino spazi, cerco di ritagliare momenti per me. Non avverto il bisogno di uscire la sera e amici che mi stimolano e mi sostengono, li ho in ambito scolastico o sportivo. Inoltre ho una famiglia che mi appoggia tutti i giorni e su cui posso contare. È ciò di cui ho bisogno. Arpa, scuola, atletica: questa è la mia stabilità».

Ma Emma la solare sa anche lasciare la razionalità ai blocchi di partenza e dare libero sfogo all’emotività. Per immaginarla emozionarsi, basta guardarla quando racconta che «l’ultima volta è successo ai recenti Svizzeri U18, dopo i cento metri. Per tutto il 2019 ho lavorato parecchio sulla velocità e in ogni gara mi miglioravo, però non ero mai completamente soddisfatta. La volta in cui ho pensato meno a quanto non fossi contenta, è stata sabato scorso ed è successo che, passando il traguardo, ero così gratificata della mia gara da riempirmi di gioia. Mi sono venute le lacrime agli occhi. Però – sorride – momenti toccanti in stagione ne ho vissuti parecchi».

Momenti che, ne è ben cosciente, sono sì frutti di un grande lavoro, il suo, reso possibile da una rete che tiene a ringraziare. «Vorrei citare chi non ho ancora nominato. Se si può fare...». Prego. «Il mio allenatore Beniamino Poserina, che prepara e segue i miei allenamenti; l’Us Ascona; i miei sponsor, perché una stagione richiede tante risorse anche economiche, oltre che mentali e fisiche. Gli allenatori nazionali e Swiss Athletics, che mi danno l’opportunità di accompagnare la nazionale svizzera anche fuori dai confini elvetici. Quando partecipo con la maglia rossocrociata, mi piace far conoscere il Ticino, di cui sono molto felice di portare i colori».

Che indossi il rosso e il blu, oppure un bel verde acceso, a brillare di più è però sempre il suo sorriso.

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