Automobilismo

Camathias, pilota col cervello sempre 'acceso'

Joël, ticinese nel mondo dei motori da oltre un ventennio con gli stimoli di un esordiente. ‘Sono in cerca di un nuovo team’

La voglia di pista è intatta
22 dicembre 2018
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«Sono un pilota. Quando dormo, sono un pilota che dorme». È così che Joël Camathias ama descriversi. È ciò che caratterizza lui, il suo lavoro, il suo mondo. Una vita intera dedicata alle auto, ai motori e alle corse, quella del 37enne ticinese. Una passione ereditata dal padre e dal prozio, entrambi corridori rispettivamente negli Anni 70-80 e 60. Camathias ha iniziato a 13 anni, come molti piloti, con i go-kart. «A Osogna – ricorda il luganese – c’era un circuito con il perimetro delimitato dai pneumatici. Ci sono andato una domenica assieme a mio papà, un po’ per curiosità, un po’ per provare, e da lì è cominciata la mia storia». Una storia che lo ha portato a correre per cinque anni con i kart, per passare poi alle varie formule e infine alle categorie cosiddette “a ruote coperte”, animato sempre dalla stessa voglia di vincere. «Ora che ho 37 anni potrei rallentare i miei ritmi, cominciare magari a fare collaudi o a fungere da supporto per i driversi più giovani – rileva il pilota .– Ma non fa per me. Forse un domani vivrò questa attività come un semplice hobby, andrò a guidare una volta ogni tanto per divertirmi. Però quel momento non è ancora arrivato. Questo è uno sport che ti assorbe completamente e che richiede un intenso allenamento giornaliero. Devi sentirlo dentro e non puoi pensare di smettere da un giorno all’altro. Mio papà, infatti, anche dopo il ritiro è rimasto molto legato alla realtà dei motori». Sport di squadra? Contrariamente a quanto si possa pensare, anche in questa attività capita di fare gioco di squadra. Succede nelle corse ‘Endurance’, quelle in cui i piloti gareggiano per parecchie ore alternandosi alla guida della stessa vettura. Per avere successo è necessario che ci sia feeling tra tutti i membri del team. Bisogna venirsi incontro, evitare di essere protagonisti o di voler primeggiare sui propri partner. Capita anche che uno dei tre si debba sacrificare. «Spesso ero io a dovermi adattare – ricorda Camathias –. Cercavamo di regolare il sedile in modo che fosse comodo per tutti ma, essendo alto 1m93, io ero sempre quello che stava più scomodo e faceva più fatica a guidare. Ma lo accettavo, perché la squadra conta più del singolo». Oggi il mondo delle corse è cambiato, la tecnologia ha reso più semplice la guida e il numero di giovani corridori grintosi che vogliono emergere è in continuo aumento. Le sfide si fanno dunque sempre più agguerrite, ma è fondamentale «tenere il cervello acceso quando si corre. L’attenzione deve essere sempre al massimo. A differenza di altri sport, non ci si può concedere distrazioni, quando si corre a oltre 200 chilometri orari. Devi sempre essere focalizzato su quello che stai facendo tu, e su quello che stanno facendo i tuoi avversari. Tra piloti, in questo senso, c’è grande serietà e rispetto reciproco». Un anno fa la vita di Joël è stata sconvolta da un lutto. «La perdita di mio padre è stata un duro colpo per me, e ho impiegato alcuni mesi a riprendermi. Adesso sto meglio, anche se mi manca avere vicino una persona con cui condividere le gioie e i dolori di questo sport. Ricordo che quando nel 2009 vinsi l’Europeo Gt in Portogallo, gli telefonai per aggiornarlo: eravamo entrambi talmente emozionati che restammo in silenzio, per cinque minuti». L’obiettivo per l’anno prossimo è quello di trovare un nuovo team. «Ho già alcune trattative in ballo, ma sarebbe prematuro parlarne ora, per il momento non c’è nulla di definitivo. Sono ansioso di riprendere a correre e di portare in pista tutta la mia grinta e la mia voglia di impormi».

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