PUGILATO

Di ‘profi’ c’è solo l’impegno

Papà, infermiere e pugile, Ricardo Silva arriva in condizioni non proprio ideali al match ‘più importante della carriera’

Ti-Press/Gianinazzi
13 aprile 2018
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«Nel 2018 voglio combattere per un titolo internazionale, per misurarmi con gente che mi è superiore».

Un desiderio, quello espresso da Ricardo Silva lo scorso dicembre, che, ancor più che sulla sua ambizione, la dice lunga sulla tempra del giovane pugile ticinese, sulla sua voglia di mettersi in gioco e di dimostrare il suo valore. Con il rischio di perdere, certo, come capitato nel dicembre 2016 in Francia contro il transalpino Mohamed Kani nel match per laurearsi campione Wbc del Mediterraneo – tutt’oggi la sua unica sconfitta in 17 incontri disputati –, ma anche con la consapevolezza di averci provato. E domani il locarnese di origine portoghese ci riproverà, a conquistare una cintura importante. Anzi, la più importante, visto che sul ring di Tolone lui e il francese Jose Gomez si giocheranno il titolo Ibf International (sì, mondiale) dei pesi welter.

«È semplicemente il match più importante della mia carriera – spiega il campione svizzero della categoria –. L’Ibf (Federazione internazionale di boxe, ndr) è una delle organizzazioni pilastro del pugilato mondiale, assieme a Wbc, Wba e Wbo. Giocarmi una cintura così importante è un grande orgoglio e vincerla mi aprirebbe molte porte e mi farebbe fare un enorme passo avanti a livello di ranking mondiale. Basta pensare che il mio avversario di base appartiene alla categoria superiore, i super welter, nella quale è 75° nel ranking. Io invece sono 157° in quella inferiore, i welter appunto, per cui in caso di affermazione entrerei probabilmente nei 100. A livello di prestigio, penso che sia dai tempi del titolo mondiale di Ruby Belge (sempre nella categoria welter, ma della Federazione Ibc) che un ticinese non affronta una sfida così importante e bisogna tener conto che nell’Ibf il livello è più alto che nella Ibc».

Un match che il 28enne non vede l’ora di disputare, anche se è conscio di non arrivarci nel migliore dei modi... «Mi sono preparato con tutte le risorse a disposizione e in questo senso devo ringraziare sia i miei allenatori al Boxe Club Riazzino, Giovanni Lause e Andry Menin, che mi sono stati accanto in tutta la fase di preparazione venendo anche incontro alle mie esigenze professionali, sia il Boxe Club di Locarno gestito da Américo Fernandes, che mi ha messo a disposizione la palestra per allenarmi. In questo senso devo ammettere che è stato piuttosto impegnativo dividermi tra lavoro, famiglia e boxe. Più che dal lato fisico, da quello mentale, della concentrazione. Anche perché da gennaio è diventato ancora più complicato, in quanto ho cambiato posto di lavoro e funzione, visto che ora sono alla casa di riposo San Carlo di Locarno in veste di caporeparto. Senza dimenticare che da quasi un anno sono diventato papà, un impegno mica da poco pure quello».

Il vero problema in vista dell’incontro di domani è però un altro, «lo stesso che ho incontrato nella preparazione al match perso con Kani: in Ticino e più in generale nella nostra regione, c’è una grossa carenza di pugili professionisti e di conseguenza di sparring part­ner di un certo livello. Ho provato invano a cercare in Italia, poi sarebbe dovuto arrivare un professionista dal Kosovo che però per svariati motivi ha dovuto rinunciare e ho chiesto anche a un pugile bernese con il quale avevo già combattuto, ma si è infortunato. Una lacuna con la quale come detto avevo già dovuto convivere nell’avvicinamento all’altro incontro disputato in Francia per la cintura Wbc e che non sono riuscito a colmare nemmeno in questa occasione».

Non certo la premessa ideale per affrontare un pugile, Gomez, ancora imbattuto in 14 match... «È vero, ma l’importante è esserne consapevole senza farne una scusa e, anzi, ricordarsi le reali possibilità e le qualità che siamo riusciti a costruire in questi anni. Quindi mi concentrerò sui miei punti forte e cercherò di metterli in risalto durante il match, che essendo su dieci round mi dovrebbe permettere di utilizzare le prime riprese per studiare l’avversario. Essendo lui sulla carta piuttosto imponente, proverò a lavorare molto di gambe con una media-lunga distanza, per poi affondare i colpi al momento giusto».

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