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Una rincorsa lunga vent'anni

Oggi la Svizzera gioca per l'oro nel curling. Un titolo che insegue da Nagano 1998.

13 febbraio 2018
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Come a Nagano, nel 1998. Nell’ipotesi migliore. E per sapere se, vent’anni dopo, la Svizzera del curling può festeggiare un altro oro ai Giochi olimpici, bisogna pazientare solo fino a mezzogiorno. Quando, dopo averlo prenotato ieri, la biennese Jenny Perret e il glaronese Martin Rios contendono al Canada il titolo olimpico del doppio misto. «E spero sinceramente di riuscire a dormire bene, così da potermi concentrare nel migliore dei modi sulla finale – dice, a caldo, la ventiseienne seeländer –. Perché adesso l’emozione è grande, e fatico anche solo a realizzare».

Anche perché, a dirla tutta, in un epilogo di semifinale emozionante, poiché ricco di tensione, al momento di tirare le somme la coppia rossocrociata si ritrova con le spalle inchiodate al muro. Infatti, sul 6-5 in suo favore in un ottavo e ultimo end in cui i russi hanno il vantaggio dell’ultima pietra, un accosto impreciso di Rios spiana praticamente la strada alla russa Anastasia Bryzgalova, la ventiseienne pietroburghese dagli occhi di ghiaccio, e al suo partner Alexander Krushelnitzki, I quali, tuttavia, non ne approfittano. Il motivo? Al fin lì imperturbabile Krushelnitzki viene improvvisamente il famoso braccino, e il suo ultimo lancio (che nella peggiore delle ipotesi avrebbe portato le squadre all’end supplementare, ma nella migliore avrebbe assicurato ai russi la finale) finisce semplicemente con l’attraversare la ‘casa’. Scatenando l’incontenibile euforia in casa svizzera. «Adesso posso dirlo: il nostro traguardo è sempre stato quello di arrivare fino all’oro – rivela il trentaseienne del Cc Glarona –. E sono tre anni che lavoriamo con in testa quell’obiettivo».

Che, tuttavia, non sarà tanto facile da raggiungere. Dall’altra parte, infatti, ci sono gli esperti canadesi Kaitlyn Lawes e John Morris. Due curler che hanno vinto entrambi un titolo ai Giochi (nel 2014 lei, nel 2010 lui) e che, soprattutto, nel round robin in Corea hanno già battuto i rossocrociati con un pesante 7-2. «Ma se non abbiamo avuto chance è solo perché io quella volta non ero all’altezza» dice, schietta, la biennese.

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