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Gli hacker incastrano Schoeman

La federazione internazionale di triathlon indaga sul conto del sudafricano, bronzo ai Giochi di Rio

18 gennaio 2018
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Spunta l'ombra di un (presunto) caso di doping sulla corsa che ha assegnato il titolo del triathlon maschile ai Giochi di Rio, un anno e mezzo fa. In una nota dell'Itu (la Federazione internazionale di triathlon, ndr.) si legge che la stessa è stata informata dell'esistenza di «documenti attestanti la positività di Henri Schoeman durante le Olimpiadi del 2016, ciò che ha immediatamente portato all'apertura di un'inchiesta», a cui collabora lo stesso ventiseienne atleta sudafricano. Il quale concluse la gara brasiliana sul terzo gradino del podio, battuto soltanto dai fratelli britannici Alistair e Jonathan Brownlee.

A rivelare tutto è stato il gruppo di hacker russi conosciuto con il nome di "Fancy Bears", secondo cui il verbale della positività di Schoeman (al prednisolone, un ormone steroideo) sarebbe circolato nella posta interna al Comitato olimpico internazionale, che il gruppo di pirati informatici si è poi premurato di diffondere. «È il Cio – ricorda l'Itu – responsabile del programma antidoping ai Giochi olimpici».

Non è certo la prima volta che il gruppo "Fancy Bears" fa parlare di sé. Dalla fine del 2016, infatti, diffonde ad ondate informazioni mediche confidenziali, riguardanti ormai più di un centinaio di atleti.

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