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Belinda Bencic: un passo indietro, per farne due avanti

(Samuel Golay)
20 novembre 2017
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La sua progressione è stata sensazionale. Trascinata dal talento e da una forza di volontà straordinaria, qualità imprescindibile per sfondare ai massimi livelli, Belinda Bencic ha bruciato le tappe, salvo però sprofondare in una crisi dalla quale sta cercando di uscire. Rapida l’ascesa, repentino e doloroso il crollo, ancorché momentaneo, a giudicare dai lodevoli tentativi di risalita, confortati da un paio di successi filati, seppur in appuntamenti di tono minore. Se le si poteva predire un’ascesa nelle gerarchie mondiali in tempi ragionevolmente brevi – alla luce di qualità indiscutibili emerse in giovanissima età – non si pensava che la sangallese riuscisse in pochi mesi trascorsi nel tennis delle grandi a imporre la propria personalità e il proprio tennis anche ai massimi livelli della disciplina. Né si poteva però prevedere che precipitasse nell’anonimato nel breve volgere di qualche mese.

Abbandonato nel corso del 2013 il circuito juniores che le stava decisamente stretto (ha vinto di getto Roland Garros e Wimbledon), Belinda aveva preso confidenza in fretta con una realtà che non ha faticato a far sua. Legittimata, nel suo ingresso “prepotente” nel gotha del tennis mondiale, da risultati straordinari. Indice di una maturazione tecnico-agonistica precoce, che ne avevano fatto una tennista presto affermatasi anche nel circuito Wta. In pochi mesi, Belinda Bencic da grande promessa diventò una solida realtà. Con margini di miglioramento ampi, non fosse che sul piano della mobilità e nel servizio. Tutto lasciava presagire anni di enormi soddisfazioni, a maggior ragione dopo l’ingresso prestigioso nel Top-10, privilegio riservato a poche elette,. «Ho dato una certa continuità ai risultati – ci confidò a Locarno nel 2014 – e ho stabilizzato la mia posizione nel ranking. Sono traguardi importanti, ma non sono che una prima tappa. Devo ancora lavorare molto per essere ancora più competitiva. Me lo impone il livello della concorrenza».

Erano i mesi della consacrazione ai massimi livelli, quando il tennis le apriva le porte e la indicava come una delle principali protagoniste degli anni a venire. Salvo poi respingerla brutalmente, rinfacciandole un programma troppo carico, le difficoltà nella gestione di attese e pressione, qualche incomprensione familaire di troppo (che hanno causato il ‘divorzio’ da papà Ivan, suo coach da una vita), una condizione fisica diventata presto zavorra imbarazzante. Lo scotto da pagare si è tradotto nel polso che ha ceduto, nei mesi di rieducazione, nello sconforto che è diventato motivazione. stimolo. Il processo di guarigione si è accompagnato a una maturazione personale che la restituisce al tennis più consapevole, e piu serena. Qualità che la dovrebbero rendere anche più forte, quantomeno sul piano morale. Se lo sarà anche tecnicamente, ce lo svelerà il 2018.

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