Tecnologia

Intelligenza sovraumana

30 aprile 2015
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Non chiamatelo Hal 900. Non ancora. Di certo Watson, l’intelligenza artificiale di Ibm, assomiglia sempre di più a quel computer in grado di interagire in lingua naturale, pur surclassando i suoi ideatori in capacità d’analisi. Attualmente sa leggere, capire e imparare, fornendo così un prezioso aiuto agli esseri umani.

Quando ogni secondo nella sola, piccola Svizzera vengono generati 50 gigabyte di dati, i computer non bastano più. Serve una macchina pensante, un supercervello elettronico in grado di dare un senso a testi, tabelle e file. Materia grigia digitale che non abbia bisogno di un uomo per capire cosa sta leggendo: un encefalo elettronico che combini la velocità di un supercalcolatore con la capacità umana di pensare e di apprendere da ogni interazione.

Serve qualcosa come Watson, l’intelligenza artificiale ideata dalla Ibm. Solo così, sostiene l’azienda statunitense, si potrà venire a capo dell’immensa mole di dati con cui il genere umano si trova a fare i conti nell’era digitale. Attualmente si stima che solo il 20% dei documenti salvati su hard disk o memorie flash sia in qualche modo strutturato, quindi facilmente interpretabile da qualsiasi macchina. Il resto deve ancora passare davanti ad occhi umani per acquistare un senso. Il problema è che le persone sono lente e si dimenticano presto. Così la gran parte della conoscenza umana langue per lo più inutilizzata in hard disk, memorie virtuali e server cloud. In Svizzera solo il 5% delle informazioni elettroniche sarebbe già stato analizzato ed utilizzato, il rimanente 95% attende ancora. Nel frattempo i documenti continuano ad accumularsi.

Tra i file che aspettano di essere presi in considerazione vi sono anche articoli scientifici su nuove cure contro il cancro: «Si calcola che una nuova ricerca impieghi circa 15 anni per passare dai laboratori all’applicazione pratica». Ciò – ha spiegato Robert Toole, client engagement professional dell’Ibm Watson Group – è dovuto soprattutto alla difficoltà con cui i dottori riescono ad accedere alle nuove scoperte, spesso ‘nascoste’ in quantitativi impressionanti di pagine. «Invece di lasciare questo compito ai medici – ha aggiunto Toole – lo abbiamo affidato a Watson». Al cervellone elettronico viene dato in pasto la cartella clinica del paziente e in poco tempo è in grado di suggerire un trattamento adatto basandosi su migliaia di testi medici disponibili in quel momento, compresi quelli appena apparsi e che pochi oncologi hanno già letto. «C’è di più – precisa Toole –. Quando il medico curante prescrive una terapia, Watson la legge, la interpreta e adatta di conseguenza il trattamento suggerito». La praticità del sistema sta anche nel fatto che il medico non deve passare il tempo a riempire parametri prestabiliti per far capire al calcolatore quello che ha prescritto al paziente: la macchina legge e capisce il rapporto scritto in lingua naturale dal dottore, imparando al contempo qualcosa di nuovo e modificando di conseguenza il suo agire per ogni evenienza futura.

Le conoscenze mediche di Watson saranno presto arricchite anche con i dati sulla salute generale di milioni di utenti Apple. Utenti consenzienti, ben inteso. 

Ibm ha infatti annunciato negli scorsi giorni un accordo con Cupertino per la creazione di una divisione ‘health’ del proprio progetto di intelligenza artificiale. Una divisione che sarà in grado, attraverso le capacità di analisi in tempo reale del supercervellone, di fornire al settore sanitario importanti informazioni sulla salute generale della popolazione. 

Nel frattempo Watson è stato già messo al lavoro su altri campi, tra cui quello finanziario, acquisendo persino la capacità di predire problemi in tempo reale e, spesso, prima che se ne possa sospettare l’insorgere. Il salto di qualità è stato raggiunto creando applicazioni mobili ad hoc in grado di interfacciarsi con il supercervellone. Attualmente, sempre in collaborazione con Apple, Ibm ha lanciato sul mercato una ventina di applicazioni per iPhone e iPad dedicate a svariati campi aziendali. Tra questi l’aviazione civile, permettendo alle hostess di risolvere direttamente a bordo e in pochi click problemi pratici dei passeggeri, come ad esempio l’aver perso una coincidenza a causa del ritardo del volo. Nel settore del supporto tecnico, attrezzando con un tablet e la giusta app il personale che interviene, è possibile non solo dare agli specialisti un supporto concreto in termini di flusso di lavoro, ma anche – attraverso l’analisi in tempo reale di quanto stanno facendo – riconoscere in anticipo l’insorgere di possibili problemi. Watson è infatti in grado, analizzando i precedenti interventi, di riconoscere gli indizi di possibili grattacapi. «Non vogliamo semplicemente semplificare la vita alla gente, ma far succedere le cose in modo diverso», ha spiegato il responsabile delle vendite di soluzioni mobili di Ibm Svizzera Joern Skerswetat.

Applicando lo stesso principio al campo assicurativo, il supercervellone è in grado di segnalare ad un consulente quando un proprio cliente sta per lasciare la compagnia. «Ciò permette al professionista di prevedere contromisure per evitare che ciò accada», ha aggiunto il dirigente di Ibm Svizzera, il quale ha già annunciato che entro la fine dell’anno saranno almeno un centinaia le app messe a disposizione dalla multinazionale a una svariata serie di professioni. 

La vera magia, un po’ inquietante a ben vedere, sta però nell’intelligenza di un sistema cognitivo in grado di leggere, interpretare e imparare da situazioni, testi e dati. Il tutto senza che nessuno gli spieghi nulla. Watson è certo un modo per fare ordine nel disordine, per ‘dominare’ il quantitativo di informazioni digitali generato dall’era dei computer e, per certi versi, per capire un po’ meglio il mondo che ci circonda. Il fatto che a farlo non sia un cervello umano è – forse – solo un dettaglio.

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