Racconto della settimana

Antò

9 ottobre 2015
|

Quando il treno finalmente arrivò, Antonio fu il primo a salire. Facendo muro con il corpo e difendendo con veemenza la sua posizione, riuscì a impedire che altri lo precedessero. Purtroppo il fatto di essere il primo non gli portò alcun vantaggio: lo scomparto in cui entrò era già pieno e l’aria era pesante e viziata. Antonio si sedette sul sedile più pulito, cercando di non appoggiarsi troppo per non sgualcire o rovinare il completo. I pendolari attorno a lui avevano facce comuni e ad Antonio non apparivano baciati dalla fortuna né dal successo. Abituato alle ristrettezze del suo abitacolo, in treno si sentiva perso e non sapeva come posizionarsi in mezzo a tutte quelle persone. Ora capiva perché nessuno del partito prendesse mai treni: in un vagone come quello c’era l’obbligo di condividere in modo uguale e democratico lo spazio con gli altri, cosa che, se subita in prima persona, risultava alquanto fastidiosa e scomoda. Fece comunque ciò che poté per adattarsi resistendo al controllo del cellulare per ben cinque precisi minuti di orologio. Le attività che riuscirono a distrarlo furono, nell’ordine, la contemplazione del paesaggio che si abbassava sotto di lui mentre il treno progrediva su per la montagna, il conteggio delle ragazze sufficientemente carine per meritare uno sguardo prolungato (solo due), il conteggio degli uomini che forse guadagnavano più di lui (solo uno) e il ripasso della lista di questioni importanti che avrebbe potuto menzionare durante la riunione. Quest’ultimo passatempo fece però salire di nuovo a mille il suo livello di ansia e lo sguardo si incollò per l’ennesima volta allo schermo del cellulare. Mentre consultava le previsioni del tempo, si arrovellava tentando di capire il motivo per cui il capo, lo stimato dottor Missi, Dino per gli amici, non gli avesse ancora risposto. Era arrabbiato? Deluso dalla sua mancanza di flessibilità? O peggio ancora: indifferente? Antonio ebbe un sussulto di terrore. Temeva che durante la riunione venissero prese decisioni che lo avrebbero poi svantaggiato. Contemplò l’idea di scrivere un nuovo messaggio, più incisivo, ma l’abbandonò per non apparire troppo insistente. Forse il capo in quel momento era impegnato e non aveva tempo di rispondere. Oppure, e questo nuovo pensiero fece ripiombare Antonio nel pessimismo più cupo, poteva anche darsi che Dino si trovasse circondato dal solito gruppetto di adulatori e che stesse ascoltando le loro parole melliflue e gommose, dimenticandosi così del suo collaboratore più importante, intrappolato ahimè all’interno di un treno. Antonio avrebbe voluto buttarsi dal finestrino per correre più veloce. Alla fine però l’agognato messaggio si materializzò.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔