Racconto della settimana

L’aragosta blu 

29 settembre 2015
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Nel buio sibila in crescendo la sveglia a ultrasuoni, mentre sul soffitto si succedono lampi di luce chiarissima, finché vi si proietta, in cifre rosse, l’ora esatta: 15 maggio 2084, ore 07.10. Già, almeno questo funziona ancora, perché da anni di energia se ne risparmia a più non posso.

Il minuscolo bilocale sa di chiuso e vi aleggia l’odore, sempre uguale, di pasti precotti a base d’insetti. Appena un po’ migliori sono i pasticci di larve. Nell’acquaio, piatto e posate possono aspettare. Anche in questa unità abitativa l’acqua caldiccia scorre, per un’ora sola, la sera.

All’ultrarapida doccia fredda il commissario-capo Dora Bifasi è abituata. Poi s’infila una comoda felpa su di un paio di jeans (ricordando i tempi in cui doveva strizzarsi in una scomoda divisa blu) e si lega rapida  i capelli color miele in una lunga coda. Secondo il display del suo cercapersone un furto con effrazione l’aspetta. In pochi minuti la monorotaia la scarica quasi sul posto.

Un pallido raggio di sole, infilandosi fra le nubi, sfiora la superficie del lago e illumina la facciata dell’ormai decrepito Centro Culturale, che il solo rimasto dei quattro omoni, grattandosi l’ascella da quasi due secoli, si affanna a sostenere (cariatidi, le chiamavano).

Pare che un tempo fosse anche frequentato. Finché le sanguinose rivolte popolari scatenate in tutta Europa dalla Grande Crisi degli anni 30 ne avevano causato la parziale demolizione. Frutto della megalomania di inizio secolo e dell’ambizione di un politico di crearsi un monumentino autocelebrativo totalmente sproporzionato a quella realtà sociale, serve ormai solo ai raduni di sparuti gruppi di soci di qualche inutile organizzazione filogovernativa. Avava conosciuto, sì, anni migliori, infiorati da costosissimi e poco frequentati eventi. Poi, grazie agl’intrallazzi famigliari di una presidente aziendale, si era ridotto a saltuaria passerella per sfilate di moda. Alla fine, neppure più quello.

Il solo custode rimasto, insonnolito nella prima ronda mattutina, aveva scoperto una porta laterale riaccostata, ma con la serratura scassinata.

« Ho trovato maniglie e faucets smontati, per il resto mi pare che non manchi nothing  d’importante. »

« Questo lo vedremo. Meanwhile, finché non glielo diranno i miei uomini, non tocchi niente! » La voce della poliziotta suona seccata e autoritaria. Non le pare possibile che chi si dà da fare per forzare una robusta serratura lo faccia solo per arraffare quattro maniglie sporche e un paio di rubinetti intasati dal calcare.

Sull’intonaco ingiallito della parete di fondo dell’atrio spicca però un’area rettangolare nettamente delimitata e perfettamente bianca.

« Beh, good heavens! E lì cosa mai ci stava appeso? »

 

 

Qualsiasi riferimento a persone o cose esistenti è del tutto casuale

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