laR 25 anni

I ghiaccioli ‘veri’

15 settembre 2017
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Premessa essenziale. Non amo particolarmente i gelati. Sarà la panna (persino doppia!) o tutti quegli ingredienti strambi che hanno un solo obiettivo: ingrassarti in poche settimane come un pollo d’allevamento. E però i ghiaccioli… Quelli “veri” intendo, che raramente oggi si trovano se non nei negozietti molto, molto periferici dove il rivenditore di gelati e surgelati non arriva più da una vita (e uno dovrebbe chiedersi come fanno comunque a esserci…, ma va beh). Veri e propri pezzi di giaccio duro, gialli e arancioni prevalentemente. Raramente viola, ogni tanto – ma proprio una volta ogni morte di papa – marrone scuro.

Io adoravo quelli verdi. Alla menta, o perlomeno al gusto della menta grazie a coloranti e dolcificanti che manco voglio sapere. Per il motivo di cui sopra. E però i ghiaccioli veri… Talmente duri che potevi lasciarci un dente e infatti i più si limitavano a succhiarli sino a prosciugare, letteralmente, ogni residuo di colore da lasciarli bianchi. Come il ghiaccio, appunto. I più arditi li affrontavano a morsi e nel farlo ti guardavano divertiti, a mò di sfida, come se stessero azzannando un serpente a sonagli. E del resto riuscire a staccarne un pezzo con il solo ausilio dei denti rappresentava una piccola grande impresa, da raccontare per settimane, dandosi di gomito, nelle uggiose giornate settembrine, dei primi giorni di scuola.

Andavano come ciliegie, i veri ghiaccioli che non sono riusciti a superare il secolo, surclassati da surrogati fighetti, multicolori, esili e fragili come un grissino. Insignificanti. Non per dire, ma i simil ghiaccioli di oggi sono i simboli più eloquenti della “società liquida”. Così come quelli di ieri sapevano ben rappresentare la certezza delle idee e la forza del carattere. Duri come pietre, ultimi scampoli di una virilità ormai… alla frutta. Surrogata, pure.

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