laR 25 anni

Quando si giocava, e si cresceva, sull'albero

Simbolo di un infanzia all'aperto
(Gabriele Putzu)
13 settembre 2017
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Inutile girarci attorno. La grande assente nel mondo dei bambini di oggi è lei: la capanna. Non quella costruita con impegno e dedizione – bontà loro – dai papà sull’albero vicino a casa, che più che una casetta per bambini potrebbe ospitare tre famiglie in caso di alluvione. Non è neanche quella colorata, di plastica, che campeggia in sicurezza in molti giardini. No. La capanna vera, quella che tutti i bambini fino agli anni Novanta hanno costruito almeno una volta, non era in fondo neanche una capanna. Era un ammasso informe di rami e fogliame messo assieme con le migliori intenzioni. La fase di progettazione era spesso confusa e non sempre il sedime scelto era adatto per l’importante opera edilizia. Visti i risultati precari, andavano quindi costruite lontano dagli occhi inquisitori dei genitori, che avrebbero potuto frenare le ambizioni dei pargoli. Andava così a finire che si scegliessero cascine diroccate, travi pericolanti, anfratti sinistri. L’impraticabilità del luogo non scoraggiava il team, che – dopo ore di lavoro anche con le peggiori intemperie – si focalizzava sull’arredamento. Il problema principale che si presentava era dove rifornirsi, e la risposta non poteva che essere una: da casa. Quale mamma non ha visto sparire posate, coperte, pile e persino materassi dall’inventario domestico? Grazie ad accorgimenti degni dei più grandi ladri professionisti, e prima dell’avvento semplificatorio dei cellulari, ci si accordava per portare il kit nel rifugio del gruppo. Edificata e ammobiliata, la capanna era abitabile. A quel punto, ci si chiudeva per ore a disegnare, fare la lotta o cercare di attirare quello scoiattolo dell’albero accanto che – chissà come mai – non si faceva mai avvicinare. Alla fine, stremati e prima che i genitori avessero allertato l’Interpol, si faceva rientro a casa con un paio di castagne in tasca e tanta voglia di un bagno caldo. Ecco. La capanna, più che una casetta dove poter giocare, era soprattutto questo: un’esperienza. Uno dei tanti simboli di un’infanzia vissuta all’aperto, fonte di stimoli di socializzazione e crescita unici.

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