Impact Journalism

Ecco come creare un legame tra chi ha e chi ha bisogno

La fondazione greca Desmos raccoglie beni specifici da alcuni donatori per poi proporli ha chi li può utilizzare

Foto Demos
16 giugno 2018
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Nell’estate del 2015, la Grecia vacillava sull’orlo del crack dopo un disastroso confronto di sei mesi con i propri creditori. Thom Feeney, un giovane britannico che non aveva mai messo piede nel paese, decise di lanciare il Greek Crowdfund, una campagna di raccolta fondi online per aiutare i greci nel momento del bisogno. La campagna raccolse 290 mila euro in due settimane. Cercando il modo migliore per impiegare il denaro, Feeney si imbatté nella fondazione Desmos (equivalente greco di “legame”) – una innovativa fondazione no-profit volta a colmare il vuoto caritatevole generato dalla crisi greca.

Le cinque cofondatrici Desmos, allora tutte giovani donne tra i 25 e i 30 anni, stavano lavorando per connettere le persone con bisogni specifici alle persone con beni specifici da donare. L’idea era partita durante il picco della recessione greca nel 2011, quando era chiaro che la crisi si sarebbe estesa attraverso le ramificazioni sociali.  

Fondata nel 2012, l’associazione no-profit si poneva un obiettivo preciso. «Volevamo rendere il processo di donazione più facile, più efficiente e con un impatto maggiore – dice Ekavi Valleras, una delle cofondatrici –. Volevamo aiutare le organizzazioni benefiche a documentare meglio i propri bisogni e le società e i privati nella loro ricerca di donare laddove ve n’era più bisogno».

Il denaro inatteso proveniente dal Greek Crowdfund divenne dunque il seme per il programma della fondazione Desmos. L’idea era quella di sviluppare un diverso tipo di connessione, questa volta tra organizzazioni no-profit come Desmos e nuovi potenziali dipendenti, i cui salari sarebbero stati pagati per un anno con i fondi della campagna. «Desmos si distingueva per essere guidata da un fantastico gruppo di donne istruite e con esperienza, nelle quali potevo riporre la mia fiducia – afferma Feeney –. Sin dalla nostra primissima chiamata su Skype, sapevo di aver preso la decisione giusta. Loro sono le mie eroine!».

«Le associazioni no-profit si candidavano in cerca di un profilo specifico e fornendo una descrizione dettagliata dell’impiego. Dovevano riempire un formulario e successivamente noi avremmo intervistato i candidati selezionati», spiega Irini Papagiannouli, responsabile della comunicazione presso Desmos. Il programma ha creto 15 posti di lavoro nel primo anno – il primo dei quali è stato il suo. Nel secondo anno, il programma è stato finanziato, tra le altre, da una donazione di 50 mila dollari da Visa e 100 mila dalla Hellenic Initiative, una grande organizzazione di diaspora greca.

La Fondazione deposita tutte le donazioni materiali ricevute nel suo magazzino di Atene, un centro nevralgico di 140 mq in cui la distribuzione è gestita con l’ausilio di un furgone Desmos.  Gli itinerari di regola si svolgono ogni venerdì, ma spesso sono necessarie delle corse extra. Soltanto nell’Attica (la regione che circonda Atene), Desmos ha aiutato circa 400 organizzazioni – alcune con donazioni dal magazzino, altre connettendole con le persone giuste. La fondazione ha ricevuto molte donazioni importanti, inclusi circa 100 computer dalla Banca Centrale Europea, lenzuola da hotel, una postazione dentistica completamente fornita e persino una motozappa. «Una volta, abbiamo ricevuto una chiamata da una ONG per rifugiati alla ricerca di una pedana elastica per il suo parco giochi – ricorda Papagiannouli –. Lo stesso giorno, ci è arrivata una chiamata da qualcuno che voleva donarne una!».

Una componente chiave del loro sforzo per rendere le donazioni più efficienti è la piattaforma online Desmos Direct. Le organizzazioni no-profit registrano il proprio profilo e le proprie necessità sulla piattaforma e chiunque sia interessato ad effettuare una donazione può visitarli. Papagiannouli spiega che come parte di un più ampio rebranding dell’organizzazione durante i prossimi mesi, la piattaforma sarà aggiornata «per snellire e semplificare ulteriormente il processo di combinazione».

L’Associazione per la protezione dei bambini e degli individui con disabilità è uno dei beneficiari di Desmos ad Atene. Yannis Petroheilos, che gestisce un’organizzazione no-profit finanziata dallo stato, racconta i limiti di liquidità che comporta l’essere dipendenti da uno Stato ancora in cerca di emergere dalla bancarotta. Petroheilos afferma che l’associazione, che ha di recente sofferto tempi duri, è passata nell’arco di un anno dall’occuparsi di 40 a 160 individui con bisogni speciali. I fondi del governo – inclusi i salari del personale – giungono spesso con sei mesi di ritardo.

Desmos lo ha contattato qualche mese fa, dopo aver ricevuto una grande donazione di mobili per ufficio da una società di spedizioni. «È l’unica organizzazione che ci chiama per sapere di cosa abbiamo bisogno, anziché dover essere noi a chiedere loro», rileva Petroheilos. 

Yannis Papadatos, responsabile dell’unità di cure intensive presso l’ospedale pediatrico di Atene, ne parla con la stessa enfasi. «Ho avuto a che fare con circa 200 organizzazioni no-profit e filantropiche – racconta –. Ho visto molte vantarsi, autopromuoversi e imbrogliare. Desmos è tra le migliori con cui ho avuto a che fare – così dignitosa e professionale». 

Ma non è stato un percorso tutto in discesa. Alcune associazioni benefiche erano restie ad accettare donazioni da grandi multinazionali e alcuni enti del settore pubblico hanno rifiutato una beneficienza privata per principio. Ma in tutto ciò, Desmos ha continuato a crescere in portata e sofisticatezza – e a rafforzare i legami che tengono unito il tessuto sociale.

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