Curiosità

Sta arrivando la rivoluzione: ad Ascona la casa si vende in bitcoin

Stefan Christiani
28 giugno 2017
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'Semplice come un'e-mail'

Vendesi ad Ascona villa degli anni ‘50. Nulla di strano, se non il prezzo, espresso in bitcoin. Stefan Christiani – bachelor in informatica aziendale, master in informatica-intelligenza artificiale – è un sostenitore della ‘nuova moneta’’, da applicarsi al settore degli immobili. Proprio con lui – da non economisti, da semplici ‘uomini della strada’ – abbiamo parlato di bitcoin (minuscolo, inteso come moneta) e di Bitcoin (maiuscolo, inteso come sistema di pagamento).

«No, non vendo case – esordisce – mi occupo solo della questione tecnica, per conto di un amico che vuole restare anonimo». La vendita ha creato curiosità: «ci sono i contenti e gli scettici – racconta Christiani – e gli scettici pensano subito al lavaggio di denaro, senza sapere che per un’operazione di questo tipo è necessaria l’iscrizione nel registro fondiario, e tante altre cose. Diciamo che tutto si può fare, tranne far scomparire dei soldi». E se qualcuno volesse pagare nei cari, vecchi franchi? «Lo potrà fare, certamente – aggiunge – anche se sarebbe preferibile vendere in bitcoin…».

In che senso “preferibile”? Se è vero che l’utilità delle monete telematiche risiede in sicurezza, economicità e rapidità della transazione, l’uomo della strada si chiede perché il bitcoin e non gli altri sistemi già esistenti. L’uomo della strada si chiede anche perché mai dovrebbe sborsare dei soldi per ‘acquistare’ altri soldi. Pensato così, il bitcoin sembra più un servizio, che una moneta. «In questo momento potrebbe anche sembrare questo – dice Christiani – ma la visione è quella di una vera e propria valuta, che sempre più gente accetterà, fino a che la necessità del cambio si annullerà. Mi spiego: il giorno in cui il datore di lavoro pagherà in bitcoin, il giorno in cui io venderò i miei servizi in bitcoin, quella sarà la valuta, senza altri cambi».

L’uomo della strada, a questo punto, s’immagina banche riconvertite in negozi di cover per smartphone, carte di credito vendute ai mercatini dell'usato, insieme alle schede telefoniche e ai libri in edizione rilegata di Stephen King. Le banconote, altrettanto, giusto di fianco allo scrittore. Al disastro mancherebbero soltanto – citando John Belushi – “un terremoto, una tremenda inondazione, le cavallette”. Ma davvero non avremo più bisogno delle banche? Così Christiani: «Le banche si renderanno conto del cambiamento e offriranno un servizio per il quale io potrò pagare in tempi rapidi, a costo zero. Certo, non è il loro modello attuale, ma la possibilità c’è, e presto i consumatori la pretenderanno». E aggiunge: «è come l’avvento dell’e-mail. Prima, per spedire una lettera in Australia servivano 3 settimane. Ora alleghiamo pure le fatture. Oggi, spedire 100 franchi a Sydney non è istantaneo, ed è il caso di evitare il fine settimana, tempo morto nel quale le banche guadagnano. In bitcoin, pago anche di domenica». E conclude: «siamo soltanto agli inizi. Forse non si chiamerà bitcoin, forse avrà un altro nome, ma vedo enormi vantaggi».

Per dovere di cronaca, nel tempo intercorso tra quest’intervista e la sua pubblicazione, la villa è sempre in vendita. Si è in tempo, dunque, per entrare nel Guinness dei primati come primo acquirente di casa svizzera in bitcoin. Questo per gli esperti in materia. Chi, invece – per congenita avversione ai numeri – continuasse a brancolare nel buio, potrà trovare conforto nell’approfondimento che segue. Come soluzione estrema, ci si può affidare alle mele, sempre efficaci per spiegare il funzionamento dei massimi sistemi (almeno quanto le api e i fiori), digitando in internet “Il bitcoin spiegato a un bambino di 5 anni”. Nessuna vergogna: noi siamo partiti da lì.

(Beppe Donadio)

 

Un mondo sì virtuale, ma con impatti reali da non sottovalutare

Il Bitcoin è il capostipite di un mondo monetario alternativo al sistema classico. Le ‘sorelle’ del Bitcoin sono numerose e sono note con il nome di ‘criptovalute’ ovvero di monete con la caratteristica principale di essere emesse in modo decentralizzato rispetto a quelle tradizionali (emesse da ununica autorità monetaria) in modo digitale e chi si basano sui principi della crittografia per convalidare le transazioni e la generazione di moneta in sé. Come ogni valuta digitale, consentono di effettuare pagamenti online in maniera sicura.

Ad oggi sono state definite oltre 30 diverse specifiche e protocolli per lo più simili o derivate dal Bitcoin: si va dal Litecoin al Primecoin fino all’ultimo nato – almeno in Ticino – Ticinocoin. Quest’ultimo, pur basandosi sugli stessi principi del Bitcoin, non ha l’ambizione di sostituire le valute tradizionali ma solo di favorire gli scambi commerciali all’interno del cantone Ticino. Per i negozi che aderiranno le transazioni elettroniche avverrano a costi nulli. Si tratta di una sorta di moneta promozionale e non di più. Le altre, invece, hanno tutte l’obiettivo dichiarata di diventare alternative, se non sostitutive, delle valute con valore legale.

Negli scorsi giorni ha fatto molto discutere il crollo, con repentino rialzo, della criptovaluta Ethereum, una delle sorelle del Bitcoin nata nel luglio di due anni fa. Nella notte tra il 21 e il 22 giugno questa ‘valuta’ è passata, sulla piattaforma statunitense Gdax, nel giro di pochi minuti da una quotazione di 317 dollari per un Ethereum a 10 centesimi di dollaro. Il ‘flash crash’ sarebbe stato causato da un ordine di vendita multimilionario piazzato tra i 317,81 dollari e 224,48 dollari. Mentre i prezzi continuavano a scendere in modo folle, altri 800 ordini stop loss (che scattano automaticamente al raggiungimento di un determinato prezzo, ndr) hanno causato lo schianto a 10 centesimi. Nella mattinata del 22 giugno si è poi saliti a 324 dollari. Un recupero da record pari a +3’600%. Quelli della notte sono stati però considerati ordini definitivi a tutti gli effetti. Le perdite per chi era orientato al rialzo, sono state quindi ‘reali’ e non virtuali.

(Generoso Chiaradonna)

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