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La foresta tropicale #2

La settimana scorsa vi abbiamo raccontato degli abitanti delle foreste pluviali. Ma non potevamo dedicare una puntata intera a quattro splendidi uccelli che popolano le chiome degli alberi di queste foreste.

2 giugno 2018
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La settimana scorsa vi abbiamo raccontato degli abitanti delle foreste pluviali. Ma non potevamo dedicare una puntata intera a quattro splendidi uccelli che popolano le chiome degli alberi di queste foreste.
Il quetzal, dalla livrea variopinta, è diffuso nell’America del Sud, nelle foreste di montagna del Messico e di Panama. La sua lunga coda è la sua caratteristica più appariscente. Le penne caudali dei maschi sono lunghe fino a 120 centimetri. Tuttavia, raggiungono questa eccezionale lunghezza solo durante il periodo degli amori, per attrarre la femmina. Per gli Aztechi il quetzal era sacro e le penne verdi della coda servivano ad abbellire i monili dei re e delle divinità. Anche il famoso Montezuma portava una corona d’oro ornata di penne di quetzal. Per procurarsi le penne della coda però nessuno si azzardava a uccidere gli “uccelli divini”.

Il più grande

Il casuario è un uccello terrestre australiano, che da adulto raggiunge la taglia di una persona. È riuscito ad adattarsi perfettamente al suo ambiente naturale costituito dall’impenetrabile sottobosco delle foreste pluviali. Il suo corpo non è coperto da una livrea di piume ma da rade ciocche, per evitare di rimanere impigliato tra i rami dei cespugli. In caso di pericolo si dà velocemente alla fuga. Possiede un’arma di difesa efficace: i suoi artigli. Quello del dito interno è lungo fino a 10 cm ed è così forte da poter uccidere una persona. I casuari sono animali solitari e s’incontrano solo durante il periodo dell’amore. Dopo l’accoppiamento, la femmina depone da tre a otto uova nel nido piatto sul suolo della foresta e poi se ne va. La cova spetta, infatti, al maschio che, dopo che i piccoli sono nati, li accudisce per alcune settimane, difendendoli dai nemici. L’ambiente vitale dei casuari si riduce sempre di più. Come tutte le foreste tropicali della terra, anche quelle australiane sono seriamente minacciate. I casuari sono di vitale importanza per la sopravvivenza della foresta. Infatti, si cibano di frutti che ingeriscono interi e i semi vengono poi espulsi dal corpo, finendo sul suolo del sottobosco. Il casuario provvede così a propagare naturalmente oltre 70 specie di semi di arbusti e alberi.

Il più piccolo

Il colibrì è il più piccolo uccello del mondo. Alcune specie pesano meno di due grammi e non superano gli otto centimetri di lunghezza. Oltre che per le loro minuscole dimensioni, i colibrì si caratterizzano per le loro livree dai colori irreali, scintillanti come pietre preziose. Per questo motivo alcune varietà sono state denominate con nomi fiabeschi: ninfe, elfi, oppure con il nome di pietre preziose. I colibrì sono dei veri artisti del volo. Padroneggiano perfettamente il cosiddetto volo ronzante, battendo le ali fino a 80 volte al secondo! Riescono a spostarsi anche alla velocità di 100 km/h, possono rimanere fermi nell’aria come un elicottero e volare perfino all’indietro! I colibrì si cibano soprattutto di nettare di fiori tropicali e di insetti. Con i loro lunghi e sottili becchi raggiungono l’interno delle corolle più profonde e con la lingua succhiano il nettare e gli insetti che vi sono rinchiusi. Le diverse sottospecie di colibrì prediligono differenti varietà di fiori. Nel corso dell’evoluzione, infatti, hanno adattato la forma del becco a quella del fiore! Anche i colibrì sono animali solitari. In questo caso però è la madre che costruisce il nido e, dopo aver deposto e covato due o tre minuscole uova, si occupa dei piccoli. I nidi dei colibrì sono costruiti con meticolosa cura e paziente lavoro. Sono fatti per lo più di fibre vegetali, peli di piante e licheni intessuti tra loro e fissati con fili di ragnatele. Spesso si trovano su rami sottili e, talvolta, dalla parte inferiore sporgono lunghi fili di erba per permettere all’acqua piovana di scorrere via. Dei piccoli architetti.

Murati nel nido

Gli uccelli bucerotidi si cibano prevalentemente di frutti. Purtroppo, per andare alla ricerca del loro cibo preferito hanno un grande svantaggio: il loro corpo, infatti, è troppo pesante e i rami dove si trovano i frutti più succosi sono così sottili che non riuscirebbero a reggere il loro peso. Ma per fortuna la natura li ha dotati di un grande becco con il quale riescono a raggiungere il loro cibo prediletto stando sui rami più grossi. I bucerotidi nidificano nelle cavità degli alberi per proteggere le uova, e più tardi anche i piccoli, dai predatori, come ad esempio le aquile. Poiché le cavità non offrono sempre la massima sicurezza, questi uccelli previdenti chiudono l’entrata lasciando solo una piccola fessura, grande tanto da permettere al maschio di passare il cibo alla femmina e ai piccoli. I residui di cibo vengono eliminati dalla femmina attraverso la stessa apertura e, poiché spesso contengono molti semi, ai piedi dell’albero che ospita il nido crescono svariate giovani piante. Gli esperti sono in grado di stimare l’età dei piccoli della nidiata dall’altezza delle piantine ai piedi dell’albero. Il parente più prossimo dei bucerotidi è l’upupa che vive nelle nostre regioni e che costruisce il nido nelle cavità degli alberi.

Le aquile

Tutte le foreste tropicali hanno le “proprie” aquile.

L’arpia

L’arpia, lunga 100 cm circa, è il più forte uccello rapace della Terra e vive nel Sud America. Con i suoi artigli riesce perfino a staccare i bradipi dai rami degli alberi. Questo insaziabile predatore cattura soprattutto scimmie, procioni nasuti e uccelli che vivono al suolo. In prossimità degli abitati caccia pure cani e pollame. L’arpia suscita nella fantasia dell’uomo miti e leggende, forse per il fatto che raramente è possibile vederla. Per secoli questo rapace ha destato ammirazione e timore e solo da alcuni decenni è stato oggetto di osservazioni scientifiche. Nella mitologia classica le arpie sono esseri mostruosi, nemici dell’uomo, raffigurati col corpo di uccello, artigli di leone e il busto e la testa di donna.

L’aquila delle scimmie

Vive soprattutto nel Sud-est asiatico, nell’arcipelago delle Filippine ed è lunga circa 90 cm. È stata chiamata così perché si riteneva che si nutrisse quasi esclusivamente di scimmie, soprattutto macachi, molto diffusi nell’arcipelago. Tra le sue prede predilette figurano pure maiali e cani. L’aquila delle scimmie è in via d’estinzione. Oggi ne vivono ancora 200 esemplari circa. Per molto tempo è stata oggetto di una spietata caccia perché ritenuta dannosa. I nidi, inoltre, venivano depredati dai cacciatori che vendevano i giovani aquilotti agli zoo o a persone private, “amanti di uccelli esotici”. Il maggior pericolo è però costituito dalla progressiva scomparsa del suo ambiente naturale, le foreste tropicali, abbattute per soddisfare le richieste di legname del mercato internazionale.

L’aquila coronata

Anche la più maestosa aquila dell’Africa, grande circa 80 cm, oltre a nutrirsi di scimmie, dà la caccia a cuccioli di antilopi e uccelli. Il suo nido, costruito con rami e sterpaglia sulla cima degli alberi, ha la forma di una grande piattaforma. Per costruirlo la coppia di aquile può impiegare anche tre mesi. Talvolta le coppie occupano i nidi vuoti. Il capo dell’aquila coronata è coperto da un vistoso ciuffo di piume. Anche le zampe sono coperte da piume fino agli artigli. Una caratteristica insolita, poiché le altre varietà di aquile hanno le zampe nude.

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