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Report shock

Una specie su due rischia di scomparire!

17 marzo 2018
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Se le temperature medie globali continuano ad aumentare senza controllo, il mondo è destinato a perdere almeno la metà delle specie animali e vegetali oggi custodite nelle aree più ricche di biodiversità. A fine secolo potremmo assistere a estinzioni locali in alcuni paradisi come l’Amazzonia, le isole Galapagos, il Madagascar e il Mediterraneo. Anche se l’aumento delle temperature medie globali rimanesse entro il limite di 2 °C posto dall’Accordo sul clima di Parigi, perderemmo il 25% delle specie che popolano le aree chiave per la biodiversità. È uno dei risultati più allarmanti del nuovo studio pubblicato questa settimana sulla rivista Climatic Change e realizzato da esperti dell’Università dell’East Anglia, della James Cook University e dal WWF.

La ricerca ha esaminato l’impatto dei cambiamenti climatici su circa 80mila specie di piante e animali in 35 delle aree tra le più ricche di biodiversità sul Pianeta. Lo studio esplora gli effetti alla luce di diversi scenari di cambiamento climatico: dall’ipotesi più pessimista con assenza di tagli alle emissioni e conseguente aumento delle temperature medie globali fino a 4,5 °C, a quella di un aumento di 2 °C, il limite indicato dall’Accordo di Parigi. Le aree sono state scelte in base all’unicità e alla varietà di piante e animali presenti. Le savane boschive a Miombo nell’Africa meridionale, dove vivono ancora i licaoni, l’Australia sudoccidentale e la Guyana amazzonica si prospettano essere tra le zone più colpite.

In queste aree gli effetti di un aumento di 4,5 °C creerebbe un clima insostenibile per molte specie che oggi vivono in questi paradisi naturali, ovvero:
• fino al 90% degli anfibi, all’86% degli uccelli e all’80% dei mammiferi si potrebbero estinguere a livello locale nelle foreste a Miombo;
• l’Amazzonia potrebbe perdere il 69% delle sue specie vegetali;
• nell’Australia sudoccidentale l’89% degli anfibi potrebbe estinguersi localmente;
• nel Madagascar il 60% di tutte le specie sarebbe a rischio di estinzione locale;
• le boscaglie del fynbos nella regione del Capo Occidentale in Sudafrica, che stanno vivendo una fortissima siccità con carenze idriche significative verificatesi anche a Città del Capo, potrebbero affrontare estinzioni locali di un terzo delle specie presenti, molte delle quali sono uniche di quella regione.

Non solo: il vicino Mediterraneo è tra le Aree Prioritarie per la biodiversità più esposte ai cambiamenti climatici, in cui basterebbe una variazione “moderata” per rendere vulnerabile la biodiversità. Anche se l’aumento delle temperature si limitasse a 2 °C, quasi il 30% della maggior parte dei gruppi di specie analizzate di piante e animali sarebbe a rischio. Continuando con gli attuali andamenti, senza cioè una decisa diminuzione delle emissioni di gas serra, la metà della biodiversità della regione andrà persa. Le specie più a rischio sono le tartarughe marine (si tratta di tre specie, la più diffusa è la Caretta caretta) e i cetacei, presenti nel Mediterraneo con 8 specie stabili e altre 13 presenti occasionalmente, tutti già sofferenti per altri tipi di impatto antropogenici. L’innalzamento delle temperature probabilmente supererà la variabilità naturale del passato, rendendo questa zona del Pianeta un punto caldo dell’impatto climatico. Dovremo aspettarci periodi di siccità in tutte le stagioni, con potenziali stress da calore per gli ecosistemi e le specie più sensibili, come le testuggini d’acqua dolce o gli storioni. Questi ultimi sono minacciati sia per il cambiamento del regime di salinità, sia per la riduzione dell’areale idoneo, combinazione drammatica per specie già fortemente indebolite dalla pesca illegale.

Oltre a ciò, l’aumento delle temperature medie e l’irregolarità delle precipitazioni potrebbero diventare la nuova “normalità”, secondo il rapporto, con una significativa riduzione delle piogge nel Mediterraneo, in Madagascar e nel Cerrado-Pantanal in Argentina.

Tra i potenziali effetti:
• pressione sulle riserve idriche degli elefanti africani – che hanno bisogno di bere 150-300 litri di acqua al giorno;
• il 96% delle aree di riproduzione delle tigri delle Sundarbans in India potrebbe essere sommerso dall’innalzamento del livello del mare;
• una riduzione degli esemplari maschi di tartarughe marine dovuta all’aumento di temperatura sui nidi. Infatti, siccome è la temperatura a determinare il sesso dei piccoli, quando essa è elevata nascono più femmine.

Qualora le specie fossero in grado di spostarsi sul territorio occupando nuove aree più adatte, il rischio di estinzione locale diminuirebbe dal 25 al 20% (nel caso di un aumento della temperatura media globale di 2 °C). In caso contrario, queste sarebbero destinate a estinguersi. La maggior parte delle piante, anfibi e rettili (come orchidee, rane e lucertole) non hanno capacità di spostarsi abbastanza velocemente per stare al passo con questi cambiamenti climatici.
Le specie autoctone in Svizzera dovranno far fronte agli stessi problemi: già oggi si può osservare come molti animali si spostino ad altitudini più elevate, dove prima non era possibile per loro vivere, per sfuggire al caldo.

Ma più si va in alto, più si fa esiguo lo spazio vitale. La pernice, per esempio, è una specie nordica, ma esiste anche in Svizzera. Purtroppo la popolazione si restringe sempre di più a causa del caldo: il cambio di vegetazione non aiuta. Il bosco si sta rialzando e gli animali dovranno far fronte a spazi sempre più ridotti.

Il Mediterraneo: un hot spot essenziale

Per gli esperti non vi sono dubbi: il Mediterraneo è tra le Aree Prioritarie e la sua biodiversità è tra le più esposte ai cambiamenti climatici. I Paesi che si affacciano sul Mediterraneo dovranno affrontare periodi di stress da calore, sia per i sistemi naturali che per gli stessi umani, soprattutto nei mesi di giugno-luglio-agosto. Si dovrà far fronte a lunghi periodi di siccità e a un aumento notevole di incendi boschivi.
Per quanto riguarda l’ambiente marino: anche se l’aumento delle temperature si limitasse a 2 °C, quasi il 30% delle specie sarebbe a rischio.

Tartarughe marine: un problema già noto in tutto il mondo è la mancanza di maschi tra le colonie di tartarughe marine. Di solito i maschi nascono da uova deposte nella parte inferiore e più fresca del nido.
Con temperature più elevate i piccoli possono diventare solo femmine. In Australia il problema esiste già e ci sono varie colonie dove solo il 2% delle tartarughe sono maschi.

Cetacei: nel Mediterraneo si possono trovare una ventina di specie di cetacei. La temperatura della superficie del mare influisce fortemente sulla vita di questi splendidi mammiferi, che possono rispondere a questo fenomeno spostandosi di areale. In passato hanno avuto la capacità di adattarsi, ma questa volta non è chiaro se saranno in grado di rispondere abbastanza rapidamente agli attuali cambiamenti climatici.

Tonno: i tonni sono un gruppo di pesci marini rappresentati da 15 specie, di cui 5 presenti nel Mediterraneo. Le variazioni della temperatura dell’acqua hanno conseguenze fisiologiche sul tonno, impattando sulla funzione cardiaca, sull’attività di deposizione delle uova, sulla schiusa delle uova, sulla crescita larvale e sulla capacità di nuoto.

Razze e squali: sono 70 le specie che vivono nel Mediterraneo. Oltre la metà è già considerata minacciata dall’Iucn. Gli squali sono considerati vulnerabili poiché le fluttuazioni del clima possono disturbare la struttura delle comunità influenzando la crescita, la riproduzione e la sopravvivenza.
Tale sensibilità dipende dal basso tasso riproduttivo, che richiede prolungate cure parentali per produrre pochi giovani relativamente grandi e sviluppati.

 

 

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