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La sabbia bollente e le tartarughe

© WWF / James Morgan
20 gennaio 2018
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A causa del cambiamento climatico una nuova minaccia incombe sulle tartarughe marine della Grande Barriera Corallina australiana. Un nuovo studio, condotto dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa) negli Stati Uniti insieme agli scienziati australiani del Department of Environment and Heritage Protection, ha infatti rilevato che la popolazione maschile delle tartarughe verdi è in rapido declino da circa due decenni. Questo perché le temperature più calde favoriscono il formarsi delle tartarughe di sesso femminile.

“Considerando che il sesso delle tartarughe marine dipende dalla temperatura alla quale l’uovo viene incubato e considerando che le temperature più calde producono più femmine, siamo preoccupati che i cambiamenti climatici possano causare questo effetto”, afferma nello studio il biologo marino del Noaa, Camryn Allen. Nelle zone più fredde del Sud della Grande Barriera Corallina, il numero di femmine di tartarughe verdi si attesta tra il 65 e il 69%. Mentre nella punta settentrionale più calda del reef, la quota va fino al 99,8% della popolazione.

La temperatura “ideale” che produce il 50% di maschi e il 50% di femmine è di circa 29 °C. “Qualsiasi variazione di circa uno o due gradi potrebbe rischiare di produrre tutte femmine o addirittura la morte embrionale”, avverte il ricercatore. Le temperature medie nella Grande Barriera Corallina, secondo Allen, hanno superato di gran lunga quella temperatura ‘cardine’. Dopo che due eventi di “coral bleaching” (lo sbiancamento su larga scala dei coralli provocato dall’aumento delle temperature) si sono verificati negli ultimi due anni nella famosa barriera corallina, gli impatti del cambiamento climatico continuano ad essere fonte di grande preoccupazione per gli australiani. “L’Australia deve adottare obiettivi ambiziosi in materia di cambiamenti climatici per salvare la barriera corallina e le sue creature uniche, ma intanto è necessario prendere misure immediate – ha detto Dermot O’Gorman, del WWF Australia –: una possibilità è costituita dall’utilizzo di tele ombreggianti sulle principali spiagge di nidificazione, come a Raine Island, per abbassare le temperature dei nidi e produrre più maschi”.

Un progetto che però è ancora agli inizi. Non si sa se avrà successo.
Una cosa è certa: frenare gli impatti dei cambiamenti climatici dovrà diventare sempre di più una priorità per noi esseri umani. Stiamo assistendo ad una serie di squilibri nel mondo della biodiversità.

La vita nel lago ghiacciato 

Molti animali vivono non solo grazie all’acqua, ma anche nelle vicinanze o addirittura nell’acqua. Solo in Svizzera di specie animali che vivono nell’acqua se ne contano oltre 4 mila. Ma come fanno a sopravvivere durante l’inverno? Dove trovano rifugio le rane, quando il loro habitat è completamente ghiacciato? Ecco la prima parte di una piccola panoramica:

I toporagni d’acqua: non sono veri e propri topi, ma piccoli animali predatori che si cibano di insetti. Vivono in prossimità dell’acqua, all’interno di tane, per lo più costituite da un unico cunicolo che sbocca sulla superficie dell’acqua. D’inverno si nutrono di vermi, piccoli molluschi, gamberetti. Il toporagno si difende contro i geli invernali con la sua folta pelliccia che trattiene l’aria riscaldata dal corpo e che lo isola dal grande freddo.

Il martin pescatore: passa tutto l’anno vicino all’acqua, soprattutto in riva a fiumi e torrenti, dove può costruire il suo nido. Si nutre soprattutto di pesce che può catturare anche d’inverno. È una specie minacciata. Le zone golenali dei fiumi diventano sempre più rare e per questo è costretto a trasferire il suo habitat naturale in riva agli stagni. Ma questi si ghiacciano e quindi il martin pescatore non può catturare pesci durante la stagione fredda.

I pesci: d’inverno vivono come nel resto dell’anno; sono animali a sangue freddo, la loro temperatura si adatta a quella dell’ambiente e non devono proteggersi contro il gelo. Per tutto l’anno i pesci respirano l’ossigeno disciolto nell’acqua. Quando le temperature sono molto rigide e le piante non producono più ossigeno, i pesci si muovono poco per risparmiare energia per sopravvivere.

I ditischi marginati: anche il ditisco marginato sverna (i piccoli passano cioè l’inverno nelle uova) nelle acque ferme. D’inverno, come nel resto dell’anno, si nutre di piccoli animali che non cadono nello stato d’ibernazione. Per respirare si serve dell’aria contenuta nelle bolle sotto lo strato ghiacciato. Quando ha consumato una riserva deve cercare altre bolle d’aria e se non ne trova, purtroppo, muore asfissiato.

La rana: è un animale eterotermo, ovvero in grado di adattare in una certa misura la temperatura del corpo all’ambiente. D’inverno, tuttavia, fa troppo freddo anche per la rana. Sverna quindi nel fango, in un cosiddetto stato di ibernazione. In questo stato consuma poco ossigeno, che assorbe attraverso la pelle.

Settimana prossima troverete la seconda parte della nostra piccola ricerca sugli animali acquatici e sulla loro sopravvivenza durante l’inverno.

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