
Difendono il feroce nordcoreano Kim Jong-Un, il gassatore del popolo siriano Assad, lo stupratore di manifestanti bielorusso Lukashenko, i lager cinesi per gli Uiguri, la persecuzione dei Curdi e l’autocrate turco Erdogan (come nel caso von der Leyen, ma quello è il meno). Non sono la Spectre di 007 né i nazisti dell’Illinois nei Blues Brothers, macché: è il Partito comunista ticinese. Che a leggere il nome uno s’immagina quelli di una volta, un po’ smunti e ingobbiti per le batoste magari, ma puri e idealisti, con l’eskimo e la bandiera rossa in spalla. Invece hanno le giacchette da piccoli diplomatici e sono ben accolti nei salottini di Pyongyang e di Pechino. Viene da chiedersi se ci sia qualcosa, oltre alla cecità ideologica, che li spinge a difendere certi tangheri. Ma soprattutto viene da chiedersi a cosa pensino quei partiti – Verdi e Ps tra gli altri – che continuano qua e là ad allearcisi, ad esempio per le Comunali. D’accordo, la tombinatura di via Chenesò non scardina gli equilibri geostrategici, però insomma: un fanatico è sempre un fanatico.