L'editoriale

Chinando il capo...

7 novembre 2014
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Bombinasco, un nome simpatico, che fa pensare alla quiete, alla natura bella del Malcantone, in questa stagione meravigliosamente colorata d’autunno.

Poi di colpo, in una notte di diluvio, la medaglia si gira e mostra un’altra terribile faccia.

Quella di una natura che si scatena, che travolge una casa isolata, ma abitata, quasi volesse prenderla di mira, abbatterla, cancellarla. E con indicibile forza la frana, che nessuno aspettava e nessuno poteva prevedere, stronca due giovani vite, quella di una madre e la sua figlioletta.

Ecco che allora il nome di Bombinasco porta alla ribalta della cronaca, nelle sue centomila moderne sembianze, anche tanti interrogativi. Uno per tutti e sopra tutti: perché?

I geologi dicono la loro: che la zona non è inserita in quelle a rischio, che non fa parte delle mappe dei luoghi pericolosi da monitorare, che tutto è da ricondurre all’imprevedibile esplosione del terreno a monte inzuppato d’acqua; gli anziani e chi vive in quei luoghi affermano, d’altro canto, di non capire e spiegano che sopra la casa c’era un bosco, un fitto castagneto… mai visto nulla di simile in cento e più anni. Anche la casa non è sorta ex novo su quel fondo, un rustico aveva proprio lì le sue antiche radici.

Vero, ma il nostro perché va oltre, scava più profondo. Va a toccare i tanti perché che costellano la strada dell’umana esistenza, quando il dramma, pesante come un macigno, cade e la interrompe. Senza guardare in faccia a nessuno, non a un bimbo, non a una giovane madre. Noi, lo confessiamo, non abbiamo risposte.

Da offrire abbiamo solo il tepore dell’umana solidarietà, che ci fa ammirare nel giorno del lutto e dell’incredulità, la forza morale di una comunità, quella del piccolo comune del Malcantone, del suo sindaco, dei soccorritori, della sua gente, subito accorsa nel momento del bisogno per cercare di aiutare. Una comunità che si stringe attorno a chi oggi urla il proprio dolore.

Sarà questa solidarietà, insieme al balsamo del tempo che scorre, ad aiutare un po’ tutti ad andare avanti dopo la tragica notte del 5 novembre, e a rimettere nel cassetto, ma non dimenticando, le umanissime domande senza risposta. Il ricordo della tragedia, come in altri drammatici casi, rimarrà certamente a lungo impresso nella memoria collettiva e chi passerà da quelle parti per il castagneto non potrà non ricordare. E lo farà fors’anche lasciandosi ispirare, soprattutto se credente, dalla sacra immagine affrescata sul muro della stalla edificata proprio ai piedi di quel terreno. L’immagine di una giovane che prega la Madonna e sotto la scritta “Passeggero non ti sia grave chinare il capo e recitare un’Ave”.

Chinando il capo, rendiamoci conto, dono o non dono, di quanto sia importante vivere e saper vivere. E ancor più vivere una vita piena, cercando di apprezzare al meglio il tempo che si ha, mettendo ogni momento positivamente a frutto. Anche come atto dovuto per chi non è più fra noi.

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