laR+ L'analisi

Di mascherine e di libertà

Rimaniamo vigili sul pericolo di una deriva anti-democratica, senza però mettere in pericolo la sicurezza di altri: una risposta alla filosofa Francesca Rigotti.

(Keystone)
26 ottobre 2020
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Francesca Rigotti, insegnante all’USI, filosofa apprezzata, fibra democratica sicura, ci ha offerto (‘Corriere del Ticino’ di sabato scorso) una dettagliata riflessione sui motivi che - in merito alla raffica di provvedimenti restrittivi anti-Covid - la collocano sul fronte ‘negazionista’. Chiariamo subito e con forza: un negazionismo, il suo, argomentato e preoccupato. Nulla che la possa associare a quel grumo di oppositori vocianti, e in taluni casi violenti, fatto di anti-vax, terra-piattisti, denunciatori di oscuri complottismi mondiali, gruppuscoli iper-radicali (per lo più dell’estrema destra eversiva) e anti-globalisti in cerca di rivincita. 

Scrive in apertura la professoressa Rigotti: “La libertà non gode di buona salute: le misure di confinamento limitano, tra le altre, le libertà di movimento, di lavoro, di scelta, ma anche di espressione: una censura sottile e diffusa soffoca le critiche...”. Del successivo, approfondito ragionamento è quasi tutto condivisibile. Ma per nulla nuovo. La paura è sempre stata un’arma del dispotismo, le ‘dittature del bene’ (presunto) ne sono sovente un furbesco surrogato, l’ipocrisia del buonismo è un medicinale facile da somministrare, mansuetudine e obbedienza sono il silos in cui il potere tenta di stipare e neutralizzare le nostre possibili contestazioni. Tutto questo era ben presente anche prima della cosiddetta ‘Corona-Diktatur’. Semmai, rifletterei sul fatto che nei paesi democratici (spesso democrazie malate) sono proprio i leader con profili autoritari, da Trump a Bolsonaro a Johnson, a rivendicare e vantare un approccio libertario. Il premier britannico ha addirittura esaltato il senso di libertà dei suoi concittadini, definendolo «superiore» rispetto a quello di tedeschi, francesi, italiani.

Fra le molte sagge citazioni a sostegno del suo ragionamento, la professoressa Rigotti inserisce anche affermazioni dell’ex ministro tedesco Schäuble (implacabile cassiere dei debiti della Grecia messa in ginocchio dalla Troika, insensibile al fatto che negli ospedali ellenici mancasse persino il latte in scatola per i neonati) e B.Henri Lévy (suggeritore di Sarkozy quando si trattò di bombardare la Libia di Gheddafi, senza piani per il dopoguerra e così scoperchiando un vaso di Pandora di inesaurita nuova violenza). Proclami altisonanti, ma nei fatti poca coerenza. Tuttavia è soprattutto sul concetto assoluto di “libertà” – premessa di tutto il ragionamento di Francesca Rigotti – che nutro i maggiori dubbi. La libertà, sostiene, è un valore, mentre non lo sono salute e sicurezza, che semmai sono “strumenti per conseguire valori”. Ma allora, senza salute e sicurezza si rischia (un rischio grosso) di non avere nemmeno la libertà. Sbaglio?

Non riesco a pensare a una bufala scientifica mondiale. Certo, vedo anch’io incongruenze, decisioni poco logiche, a volte senza base legale, assenza di prevenzione, e faccio parte degli over 65 a cui venne chiesto di ‘mettersi in letargo’. Ma, finora e nella sostanza, mi fido di chi ha competenze che non ho, di medici e infermieri allarmati dal moltiplicarsi dei contagi, di ospedali che moltiplicano gli allarmi. E riassumo così: rimaniamo vigili sul pericolo di una deriva anti-democratica, denunciamone le avvisaglie (è stato fatto), insistiamo affinché lo Stato (il tanto bistrattato Stato) soccorra chi subisce incolpevolmente perdite economiche e ulteriori disagi sociali. Ma se indosso la mascherina, e accetto altre limitazioni, non mi sento affatto privato della libertà. Piuttosto mi sento parte di uno sforzo comune e solidale. Penso che la libertà non è mettere a rischio la sicurezza di altri. Privandoli, anche, della loro libertà.

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