L'analisi

Il gas russo e lo sceriffo americano

Donald Trump ha brandito il bastone per sanzionare chi non aderisce all'ordine mondiale americano

(Keystone)

Da Mar-a-Lago, la villa superkitsch di Palm Beach in Florida, il presidente ha nuovamente brandito il ‘big stick’ per bastonare chi non aderisce all’ordine mondiale Usa.
Nel quadro della finanziaria 2020, Donald Trump ha annunciato, nella pura tradizione imperiale americana, una nuova serie di sanzioni. Nel mirino il progetto Nord Stream 2, il gasdotto che attraversa il Baltico, finanziato da un consorzio russo-europeo. Nessun pretesto viene avanzato questa volta nel consumato stile della retorica sui diritti umani: lo zio Sam abbatte la scure delle sanzioni contro le imprese coinvolte nel megaprogetto (una decina di miliardi di dollari) in quanto metterebbe in pericolo “la sicurezza energetica europea” consegnandola nelle mani dei russi. Puniti con il congelamento dei fondi e il divieto di rilasciare visti americani, saranno aziende e dirigenti che partecipano alla costruzione della pipeline, tra cui la svizzera Allseas che possiede la più grande nave al mondo per la posa di tubature offshore. Se la società elvetica ha immediatamente obbedito al diktat, assecondando il volere di Washington sospendendo i lavori, le altre al momento non hanno ancora preso posizione. Lo hanno fatto invece diversi governi, fra cui quello tedesco, e l’Unione europea piccati da questa ingerenza americana che va a colpire oltretutto Paesi ‘alleati’ – anche se l’aggettivo dalla nomina alla Casa Bianca di Donald Trump appare ormai privo di reale valenza.

Come dare torto questa volta al Cremlino che per bocca di una portavoce fionda l’accusa che appare agli occhi di tutti un’evidenza: “L’ideologia americana non accetta la concorrenza mondiale”. Se Donald Trump prende di mira attività legali di aziende europee è per ragioni geopolitiche ed economiche: gli Usa vedono minacciato il loro business con l’allettante mercato energetico europeo a cui le metaniere provenienti da oltre Atlantico forniscono enormi quantità di gas liquido (Gnl). Gli Usa in effetti puntano molto sullo “shale gas” il controverso gas di scisto, che per gli ambientalisti è ecologicamente devastante, proveniente dalla frantumazione idraulica di alcune formazioni rocciose. La politica delle sanzioni è una costante nella storia moderna americana, ma generalmente a Washington ci si schermisce adducendo ragioni legate alla mancanza di democrazia o alla violazione dei diritti umani. Spesso con conseguenze devastanti, dal ‘bloqueo’ decretato nel lontano 1962 da John Kennedy nei confronti di Cuba, alla guerra del Golfo, con i 13 anni di embargo scattati nel 1990 e costati carissimo alla popolazione civile in termini di denutrizione, malattie, mortalità infantile, speranza di vita.

La lista nera stilata negli Usa è lunga, vi troviamo ad esempio l’Iran, ma non l’Arabia Saudita del principe Bin Salman, presunto mandante dell’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi. Total, Psa o Renault hanno dovuto così sospendere il loro business con Teheran, pena la perdita del mercato americano. Un vero e proprio racket quello di Trump, stando a Frédéric Pierucci, dirigente del colosso francese Alstom, imprigionato per 25 mesi negli Usa, proprio quando la sua azienda non voleva cedere parte delle sue attività alla multinazionale Usa General Electric. In altre parole, una forma di banditismo moderno gestita oggi dallo sceriffo americano Donald Trump. A cui la globalizzazione non piace unicamente quando non fa gli interessi americani. E che mette duramente alla prova oggi lo stesso mondo occidentale.

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