L'analisi

La lenta normalizzazione monetaria

La fine del Quantitative easing annunciato dalla Bce riporta i governi alla realtà dei vincoli di bilancio

Il presidente della Bce, Mario Draghi (Keystone)
15 giugno 2018
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Il Quantitative easing all’europea, ovvero l’acquisto di titoli del debito pubblico e privato da parte della Banca centrale europea, è giunto a fine giro. Da ottobre l’importo mensile massimo di titoli che i singoli istituti centrali dell’eurosistema potranno acquistare sul mercato secondario scenderà a 15 miliardi di euro dai 30 miliardi attuali per arrivare a zero a fine anno. La stagione degli strumenti non convenzionali di politica monetaria è quindi giunta ufficialmente a termine anche se i rischi deflazionistici non sono stati del tutto sconfitti (l’obiettivo di un’inflazione prossima al 2% non è completamente raggiunto) e le tensioni sul debito pubblico di alcune economie dell’eurozona (Italia in primis) non sono scomparse. Il ritorno alla normalizzazione monetaria arriva in un momento in cui l’economia ha ripreso sì una dinamica positiva, ma non nella stessa misura e soprattutto intensità in tutti i Paesi della moneta unica. Il rischio ricaduta non è per nulla scongiurato. Per questa ragione l’istituto di Francoforte guidato da Mario Draghi non abbandonerà completamente il mercato tanto è vero che reinvestirà le somme ottenute con il rimborso dei titoli acquistati per un “esteso periodo di tempo dopo la fine del Quantitative easing” e comunque “per tutto il tempo in cui sarà necessario mantenere favorevoli condizioni di liquidità e un elevato livello di accomodamento monetario”, per usare le parole del presidente della Bce. Questo vuol dire che il bilancio della Banca centrale europea non verrà ‘sgonfiato’ di colpo. Non ci saranno – detto in altri termini – delle vendite repentine di strumenti finanziari detenuti dalla Bce che potrebbero portare ancora più volatilità sul mercato obbligazionario e quindi alimentare tensioni speculative sul debito dell’Europa meridionale che ora – con la Grecia ‘sotto protezione’, Portogallo e Spagna in via di risanamento – corrisponde a quello della sola Italia.

Prima della crisi del 2007-2008, infatti, il bilancio della Bce era pari a circa mille miliardi di euro. In un decennio è più che quadruplicato (oltre 4’500 miliardi) e nulla vieta al board della Bce di mantenere inalterato questo bilancio ancora per alcuni anni. A conferma che la politica di Francoforte è improntata alla prudenza c’è il fatto che i tassi di riferimento sono stati mantenuti fermi allo zero, mentre quello sui depositi presso la Bce è ancora negativo (-0,40%). Tassi che dovrebbero rimanere tali almeno fino all’estate del 2019. Anche i mercati finanziari hanno interpretato la mossa di Mario Draghi non in senso restrittivo con gli indici di Borsa che si sono mossi in territorio positivo mentre l’euro ha perso terreno nei confronti di dollaro e franco.

La riduzione degli acquisti è comunque un segnale, neanche tanto velato, all’indirizzo del neo governo italiano e delle sue velleità (legittime dal punto di vista del mandato democratico) in materia di spesa sociale e di sgravi fiscali. Non siamo all’infelice frase attribuita al commissario Ue, il tedesco Günther Oettinger (“I mercati insegneranno agli italiani a non votare più per i partiti populisti”), ma è certamente un invito a ritornare al principio di realtà: il vincolo di bilancio esiste ed esiste soprattutto un vincolo esterno dato dagli impegni (rinegoziabili, se anche gli altri membri dell’eurozona vorranno) che l’Italia si è presa in sede di unione monetaria. L’aumento dello spread – ormai strutturalmente superiore ai 230 punti – tra i rendimenti dei Btp italiani e gli omologhi tedeschi Bund è la prova che questo impegno esiste ed è la misura della sfiducia degli investitori nel sistema Italia. Con la riduzione degli acquisti di titoli pubblici, infatti, Roma perde un importante compratore completamente disinteressato alle dinamiche dello spread e che contribuiva a calmierare il mercato di titoli pubblici e a mantenere sopportabile l’onere per gli interessi sul debito. Ora il paracadute della Bce concesso ai governi si sta chiudendo. Come recita l’adagio: a buon intenditore, poche parole.

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