L'analisi

L’ultradestra felix

19 dicembre 2017
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Non è stata probabilmente dovuta al caso la scelta del luogo dove il nuovo cancelliere austriaco Sebastian Kurz ha illustrato la composizione del nuovo governo. Kahlenberg, alla periferia di Vienna, è infatti conficcata nella memoria storica degli austriaci come la località dove nel 1683 (più precisamente l’11 settembre) la coalizione cristiana guidata dal re polacco Giovanni III Sobieski sconfisse l’esercito ottomano. Un luogo simbolo per inaugurare una virata politica che supera le più rosee aspettative dell’Fpö.

L’ultradestra che era giunta solo terza alle legislative (ma con un importante 26%) si vede attribuire sei ministeri su 16. Intasca in particolare i portafogli della difesa, degli interni e degli esteri. Il suo leader Heinz-Christian Strache, che ottiene la nomina di vicecancelliere, è apparso esultante. «Ormai il 75% del governo è della Fpö» ha esclamato, prima di precisare la sua affermazione: «Almeno la metà delle idee del partito conservatore del premier sono nostre».

Nel concedere molto all’ultradestra, Sebastian Kurz (il più giovane premier al mondo) ha comunque pensato fosse prudente, pur nella radicale svolta, mantenere sotto le sue dirette competenze le prerogative sui rapporti con l’Europa. In effetti spetterà proprio all’Austria il turno di presidenza dell’Ue nel corso del prossimo anno. Concessione di tutt’altra natura quella fatta (verosimilmente) al presidente ecologista Van Der Bellen: la nomina di un segretario di Stato non-Fpö, affidabile e moderato per la gestione dei siti dell’imbarazzante memoria storica del Paese, tra cui la casa natia di Hitler a Braunau e il campo di concentramento di Mauthausen, diventato un museo del genocidio.

Il programma di governo è incentrato sul patriottismo identitario: “Austria first”, con una drastica limitazione del numero di rifugiati, tagli alle allocazioni di cui beneficiano le famiglie di asilanti, separazione nelle classi scolastiche tra germanofoni e allievi che non padroneggiano il tedesco, sicurezza rafforzata alle frontiere, controlli di polizia sui social.

L’Austria formato Kurz-Strache vuole anche un maggior controllo sul servizio pubblico (Radio e Televisione sono considerate poco oggettive e poco indipendenti) e introdurrà, attingendo al modello elvetico, una dose importante di democrazia diretta (il referendum può essere richiesto dal 14% del corpo elettorale).

Ma Vienna non guarda, nella sua riforma costituzionale, solo a Berna. Molto problematiche potrebbero essere le idee che attinge da un’altra capitale, di certo non esemplare nella sua interpretazione della democrazia: Budapest. Il modello magiaro della doppia nazionalità per le etnie di origine ungherese che vivono in altri Paesi, ideato da Victor Orban, Kurz e Strache vorrebbero ora applicarlo ai germanofoni dell’Alto Adige. Con il rischio di riportare le lancette della storia ben indietro nel tempo attizzando il fuoco diplomatico con l’Italia.

Quelle stesse lancette della storia dovrebbero invece ricordarci che “Austria felix” fu l’espressione con la quale veniva connotata soprattutto la capacità dell’Impero di assicurare la convivenza pacifica tra i popoli.

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