L'analisi

No all'espulsione della famiglia siriana: “Una crepa nell’indifferenza”

26 giugno 2017
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Ci sono voluti i ragazzi della classe IV C del Liceo di Lugano 1 per increspare le acque dell’indifferenza. In un sabato sudaticcio d’inizio estate, in piena cerimonia di consegna dei diplomi al Palazzo dei Congressi, nella fanfara di discorsi di rito, di assegnazione di premi, di canapè e bicchieri di prosecco, hanno incuneato una raccolta di firme e una lettera indirizzata al presidente del Consiglio di Stato Manuele Bertoli.
Quattro pagine fitte fitte, corredate da una solida documentazione, per chiedere all’esecutivo cantonale di intervenire a favore dei Gemmo, una famiglia di richiedenti asilo curdo-siriani  (vedi articolo pubblicato ieri).

La sentenza del Tribunale amministrativo federale che conferma la decisione della Segreteria di Stato della migrazione (Sem) non lascia loro in pratica alcuna speranza di rimanere nel Centro Barzaghi gestito dalla Croce Rossa a Paradiso.
Dopo un anno in Ticino, due ragazzi ora maggiorenni si sono visti intimare l’ordine di lasciare il nostro territorio e di partire alla volta della Grecia (dove al loro arrivo dalla Turchia ai sette membri della famiglia sono state prese le impronte digitali decretando in tal modo – in base alle direttive di Dublino – che è lì che devono attendere l’espletazione della domanda di asilo), mentre per i tre fratelli minorenni e i due genitori il decreto di espulsione è provvisoriamente sospeso.

Rapporti di Amnesty International e del Greek Council for Refugees avvalorano la tesi dei liceali: le condizioni di accoglienza dei profughi in Grecia, paese colpito da una profonda crisi economica, non sono conformi al diritto e alla dignità delle persone.
In una lettera accompagnatoria inviata anche alla Commissione delle petizioni del Gran Consiglio (per tentare di ostacolare ulteriormente l’allontanamento) sottoscritta da alcune personalità ticinesi, si sostiene che la richiesta di revoca dell’espulsione formulata dalla IV C di Lugano, trova fondamento giuridico nella Costituzione federale (articoli 12 e 25 capoverso 3) in quanto i giovani espulsi rischiano di essere sottoposti a un trattamento disumano.

Dal profilo giuridico l’ultima parola spetta alla Segreteria della migrazione e non al Consiglio di Stato; l’obiettivo a brevissimo termine è dunque sospensivo.
Quello dei Gemmo è un dramma umano fra i tanti (per loro quattro anni di peregrinazione fuori dal loro paese nella speranza di trovare un po’ di stabilità e sicurezza, un padre accasciato nell’insostenibilità di una vita di stress, ricoverato a Mendrisio).

A far notizia oggi è dunque altro: un gruppo di ragazzi allergici a un mondo che accetta la sofferenza si mobilita: nei pomeriggi liberi dell’anno scolastico avevano pensato di andare ad aiutare i loro coetanei del centro asilanti: sono persone “squisite” scrivono nella lettera i liceali, stigmatizzando una situazione “tremendamente ingiusta”. I richiedenti asilo che hanno conosciuto non si riducono a numeri e statistiche. Hanno legato, si sono affezionati, hanno imparato ad apprezzarli, non vogliono che ripartano nella “no mans land” dell’incertezza e delle angosce.

L’iniziativa di questi giovani è un atto di sedizione contro l’indifferenza, da cui traspare una forte empatia per chi porta impresso il marchio dei vinti: un gesto dall’indubbio valore umano, in grande contrasto con quella pilatesca lavata di mani nel lavacro del nostro benessere e della nostra tranquillità, nel quale rischiano di affogare quegli stessi valori di civiltà che pretendiamo di difendere.

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