L'analisi

Mercato del lavoro molto resiliente

11 gennaio 2017
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La resilienza in fisica è la capacità di un metallo di resistere a urti e forze improvvise senza spezzarsi. Lo stesso concetto può essere esteso a vari ambiti delle scienze sociali e anche – perché no – al mercato del lavoro svizzero che, stando ai dati riferiti all’intero 2016 appena divulgati dalla Segreteria di Stato per l’economia, ha resistito bene agli ‘urti’ di fattori esterni e meglio di altre economie europee. Un tasso di disoccupazione medio per l’intero anno pari a circa il 3,3% può tranquillamente essere definito frizionale. Anche per il Ticino, dove il tasso medio è stato di circa il 3,5%,  non siamo in una situazione di allarme anche se il cittadino colpito dal fenomeno della disoccupazione non gioisce dello stato in cui si trova e preferirebbe uscirne il più presto possibile. Come sempre il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto a dipendenza da dove lo si guarda e soprattutto dipende da chi lo guarda. La stessa Seco nel suo comunicato fa notare che “nonostante la solida crescita e il progressivo consolidamento della congiuntura, il numero dei disoccupati è aumentato rispetto all’anno precedente”. Il mercato del lavoro nel complesso ha comunque tenuto grazie in particolare alla ‘terziarizzazione dell’economia’, secondo Boris Zürcher, capo della Direzione del lavoro presso la Seco. Tale mutazione strutturale ha comportato una progressione dell’impiego in settori meno sensibili alle variazioni congiunturali, quali la sanità, la formazione o ancora la pubblica amministrazione. Da considerare anche l’immigrazione, calata nel corso degli ultimi due anni, che da sempre svolge un ruolo di ammortizzatore durante le fasi di flessione congiunturale. Comunque sia, vista dal resto dell’Europa la Svizzera appare un’isola felice. Anche vista da Berlino, la capitale della prima economia continentale che non si trova in recessione, il rapporto dei senza lavoro svizzeri rispetto alla popolazione attiva è irrisorio. In Germania il tasso di disoccupazione si avvicina comunque al 6,1%. In altri Paesi si supera abbondantemente l’11% e in altri ancora – basta pensare alla Spagna e alla Grecia – si raggiungono livelli di senza lavoro da brividi (oltre il 20%). Se invece si mette a fuoco la situazione dei giovani disoccupati di questi ultimi Paesi, la situazione è da vero e proprio allarme sociale: quasi la metà degli under 25 non ha un’occupazione. Quale la ricetta del successo elvetico? Sicuramente un buon ammortizzatore sociale qual è la Legge contro la disoccupazione (Ladi). Riformata in maniera piuttosto brusca alcuni anni fa, la Ladi non ha annullato del tutto il reddito di chi ha perso il lavoro e non ha (ancora) avuto effetti troppo nefasti dal punto di vista sociale ed economico. Ha contribuito, per contro, al mantenimento dei livelli di consumo di coloro che si sono trovati momentaneamente senza lavoro e di conseguenza anche i disoccupati hanno contribuito e contribuiscono alla crescita del Pil. Sarebbe buona cosa, quindi, non falcidiare ulteriormente uno strumento che contribuisce in maniera sostanziale alla coesione sociale. Un dato su tutti: per l’intero 2012 la Ladi ha versato indennità e prestazioni di altro genere pari a 7,42 miliardi di franchi. I contributi raccolti sono invece stati pari a 7,57 miliardi (in aumento rispetto all’anno precedente). 

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