Il ricordo

Manchi, Argante

Uomo politico tutto d'un pezzo, coerente, sorgente di idee e ideali

15 novembre 2020
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Credo di non aver mai conosciuto direttamente una personalità politica straordinaria (nel senso etimologico del termine) come lo è stato Argante Righetti. Per la sua cultura enciclopedica, non solo in ambito politico; per la sua memoria di ferro che lo portava a tenere discorsi densi di dati e citazioni - anche interminabili - a braccio; per la sua rettitudine, tanto che si narra che, quando era consigliere di Stato, i regali che riceveva finivano diritti alle case per anziani. Fra gli innumerevoli interventi da lui tenuti quale magistrato penale e poi membro dell’esecutivo e infine parlamentare cantonale, oltre che opinionista sulle nostre colonne, ce n’è uno che riassume molto bene la sua passione per la politica e il suo credo. Lo tenne il 14 aprile 1997 allorquando, dopo una carriera ai vertici delle istituzioni cantonali, venne eletto (le cronache dissero salutato da scroscianti applausi) presidente del Gran consiglio.


Idee difese con fermezza e intransigenza


Siccome non incline ai compromessi, mise subito i puntini sulle i: ricordò che il suo amore per la politica era nato nella cerchia famigliare, nutrendosi di riflessioni sulle prove dure della sua generazione (era nato nel 1928) che aveva presto conosciuto le privazioni e le minacce. Chiaro il riferimento al periodo buio della seconda guerra mondiale e della dura crisi economica e sociale degli anni Venti. Ebbene Righetti, in quel frangente, pronunciò senza peli sulla lingua queste parole: ‘Ho sempre difeso le mie idee politiche a viso aperto, le ho difese sempre con fermezza o - come dirà qualcuno - con intransigenza’. O con grande coerenza e senso della sua visione dello Stato, assumendo quindi spesso posizioni scomode anche all’interno del suo partito e ‘rifuggendo scelte di opportunità’, diremmo noi. Eh sì, Argante era proprio così: tutto d’un pezzo, una sorgente di idee e ideali. Davanti ai colleghi deputati che lo stavano per eleggere alla carica di primo cittadino, sentì dunque il bisogno di ricordare la sua giovinezza di sogni e speranze: ‘Mi concederete pertanto che io qui dichiari oggi la mia radicale fierezza, che è quella di chi sa riconoscersi ancora oggi (ndr. e quell’ancora oggi non è messo lì a caso!) nei valori e negli ideali che hanno alimentato i sogni e le speranze della mia giovinezza: la libertà e la giustizia coniugate con la solidarietà e il senso dello stato laico, anche se alto può essere stato il prezzo della coerenza’. 


Libertà e democrazia

In quel frangente Righetti sentì anche il dovere di intavolare una riflessione ancora attualissima. Egli invitava a rendersi conto che disponiamo di un privilegio: quello di godere di un bene inestimabile chiamato libertà. E con la libertà, aggiunse, noi disponiamo di un bene altrettanto inestimabile: la democrazia. Così, richiamando il filosofo Norberto Bobbio ammonì: lo stato liberale e lo stato democratico o esistono o cadono insieme. Pertanto la libertà e la democrazia andavano (e vanno sempre!) difese, invitando i cittadini a partecipare alla cosa pubblica; combattendo il qualunquismo e il degrado del confronto politico; e senza mai dimenticare il valore della giustizia e della solidarietà sociale, perché ‘appartengono alle più alte aspirazioni umane e sono condizione per l’esercizio della libertà e della democrazia’. Potrei continuare ancora a lungo nel citare passaggi di quel memorabile discorso, come se Argante avesse voluto schierare sul pulpito di quell’occasione tutti i valori e i principi in cui aveva sempre creduto. E come se avesse voluto dire a chi era chiamato ad eleggerlo: ‘se mi volete sono così, altrimenti non votatemi’.


Coltivare solidarietà e tolleranza


Così, a questa ampia premessa, seguì da parte sua il riferimento - centrale per lui che lo aveva visto nascere e crescere - all’importanza dell’ordinamento sociale (grande conquista del secolo, come la libertà lo fu del secolo precedente); all’esigenza di coltivare la solidarietà fra cittadini e fra regioni del Cantone; all'alto valore della tolleranza; al rifiuto della discriminazione in base a convinzioni religiose, filosofiche o politiche e in base a considerazioni di razza o di origine (ndr. valori che vale la pena richiamare sempre!); e via, fino al richiamo all’attenzione verso le aspirazioni minoritarie che rispondono a reali esigenze del paese. E non da ultimo, ma scontato per chi lo ha conosciuto, egli aggiunse il richiamo ai valori morali e etici, perché la concordanza tra la morale pubblica e la morale privata, nonché il principio della rigorosa separazione tra l’interesse pubblico, che solo può indirizzare l'attività dello Stato, e l’interesse privato è fondamentale. Valori condizione basilare del rapporto di fiducia tra autorità e cittadini.

Cari lettori, capirete che, di fronte a tali parole e pensieri di una vita, ricchi di significato è difficile aggiungere altro, anche da parte di chi lo ha spesso incontrato ad appuntamenti politici o in redazione, ascoltato e pubblicato diversi scritti su queste pagine. Resta la nostra (e la mia) gratitudine per quanto da lui appreso, nella speranza che il Ticino possa di tanto in tanto veder crescere anche altre personalità ‘intransigenti’ come lui, capaci di dare un contributo all’ascesa morale e civile del Ticino secondo l'invocazione fransciniana. Ci manchi Argante, ciao e grazie.

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