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Basta frottole!

Il ruolo di un giornalismo sano e non zerbino? Raccontare o far raccontare le cose come stanno e non di diventare cassa di risonanza delle bestiate altrui

12 novembre 2020
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Quante frottole non innocue – perché di fatto inquinano i nostri pensieri, montano la testa a chi non vede l’ora di trovarsi un nemico e, alla lunga, fanno traballare la democrazia – potremmo, anzi dovremmo (anzi dobbiamo!) noi giornalisti evitare di lasciar raccontare.

È quello che mi sono detto dopo aver visto in questi giorni per ben due volte potenti network americani – e fra questi anche taluni orientati a favore di Trump – tagliare le dirette tv dapprima del presidente sconfitto asserragliato alla Casa Bianca (ma qualcuno dei suoi glielo avrà poi detto che ha perso?) e poi della sua portavoce, mentre diffondevano urbi et orbi palesi fandonie della serie ‘Io, Donald, vi garantisco che ho vinto le elezioni!’, ‘Ci sono stati tantissimi brogli elettorali’ e via dicendo.

Quale la giustificazione del giornalista nel decidere di bloccare la diretta? Eccola: “Penso che dobbiamo essere molto chiari”, la Casa Bianca “sta accusando la controparte di frode e di voto illegale”. “A meno che non abbia le prove per sostenere una tesi del genere, non posso continuare a mostrarvi in tutta onestà questo servizio. È un’accusa esplosiva sul fatto che la controparte abbia truffato”.

Non possiamo trasmettere disinformazione

Già, non possiamo trasmettere disinformazione. Anche se è legittimo chiedersi se nella fattispecie non sia facile affermarlo e bloccare la diretta, perché la bugia è gigantesca e perché l’era Trump di riffa o di raffa si avvia al tramonto. Mentre in altre occasioni è molto più difficile misurare il limite fra un’opinione diciamo “solo” strampalata e una frottola. In ogni caso non c’è dubbio: la lezione/ribellione è di quelle fondamentali. Ci richiama all’importanza e al ruolo dei giornalisti, che devono essere capaci, preparati, conoscere bene i dossier e accorgersi se il loro interlocutore li sta portando a spasso o, peggio ancora, se sta mentendo. Altrimenti non è giornalismo, ma propaganda assecondata da comunicatori che permettono a chi hanno di fronte di dire semplicemente quello che più fa comodo.

Ecco dunque il ruolo di un giornalismo sano e non zerbino: quello di raccontare o far raccontare le cose come stanno e non di diventare cassa di risonanza delle bestialate altrui. Eppure, a volte, proprio le bestialate le si lascia passare perché… perché fanno semplicemente audience.

Quali regole per i social?

Ciò detto, sarebbe tempo e ora che anche i potentissimi social, semplici amplificatori del bene e del male che viene postato, si dessero una regolata. Altrimenti quella parte di utenti, comunque consistente, che si abbevera alla loro greppia continuerà ad abboccare alle dichiarazioni di chi la spara più grossa. Con Trump è successo, mille volte successo. La milleunesima (per fortuna del globo) no.

Concludiamo quindi con una nota di speranza, visto che proprio con Donald, amicone di Bannon, avevamo assistito a un inquinamento senza precedenti dell’informazione via social. Sì, perché quando è troppo è troppo e anche una figura spenta come Biden (di certo grazie anche al tandem con la più vivace Kamala) è riuscito nell’intento di far voltare la brutta pagina all’America.

Ma ricordiamoci anche, che una stampa libera va difesa a spada tratta. Ci sono Paesi dove chi interrompe, o fa domande anche solo scomode a un potente – figuriamoci se arriva a oscurarlo! – nella migliore delle ipotesi viene cacciato. Nella peggiore…

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