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Ma come ci si deve vestire a scuola?

Di certo non indossando l'ormai famigerata 'maglietta delle vergogna'!

2 ottobre 2020
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Non accenna a placarsi il dibattito sorto a Ginevra fra gli allievi di una scuola media e la direzione intervenuta per censurare l’abbigliamento di alcune allieve. In poco tempo la vicenda dei rimproveri per gli abiti ritenuti inappropriati, indossati in aula e finiti sotto una maglietta XXL ‘punitiva’ con la scritta ‘ho un abito adeguato’, è diventata esplosiva. Tanto che la scuola e il suo piazzale si sono trasformati in luogo di protesta e la tematica delle critiche alle allieve ha fatto il giro della Confederazione. In analoghi casi, che pure hanno fatto parecchio discutere in Italia e Francia, le ragazze erano persino state rimproverate, sentendosi dire che non era colpa dei docenti (uomini evidentemente) se l’occhio cadeva laddove non dovrebbe cadere e che quindi toccava a loro rimediare.

La non soluzione di Ginevra

Nella scuola ginevrina, soluzione delle soluzioni (o meglio non-soluzione), è stata per l’appunto quella di fare indossare l’ormai famigerata ‘maglietta della vergogna’ che tutto nasconde e che, secondo la direzione, era stata concordata nel 2014 anche con le famiglie. Ma, evidentemente, quello che poteva andare bene anche solo qualche anno fa, non è detto che possa andare bene oggi. I tempi, le mode, l’emancipazione, i gusti e soprattutto la sensibilità contro le discriminazioni declinate al femminile mutano abbastanza rapidamente.

Non possiamo quindi ragionare una volta per tutte, altrimenti saremmo ancora qui ad indossare il grembiule nero. Capo d’abbigliamento che, fra mille difetti, aveva almeno un pregio: non di nascondere parti del corpo, ma di permettere agli allievi di considerarsi un po’ più uguali, in una scuola che voleva essere in tutto e per tutto impostata anche sul principio della parità di opportunità. Ovvero che voleva garantire a ogni allievo, ricco o povero, intelligente e meno dotato, maturo e ancora in fase di maturazione, le stesse chance quanto a punti di partenza. Un sogno grande ancora oggi!

C’era una volta il grembiule

Messo nell’armadio il grembiule ormai da un buon mezzo secolo, ecco la domanda: ma come si deve andare vestiti a scuola? La risposta che mi viene più spontanea è: normalmente. Ogni realtà ha delle regole appropriate a quella realtà. E come andiamo vestiti a un concerto? O a un funerale? O a un matrimonio? O in settimana o la domenica andando a messa? Ci sono regole non scritte che fanno in modo che chi si reca in un determinato posto si senta a suo agio a seconda della comunità che frequenta e che incontra. Nei casi citati, l’errore della direzione è stato quello di colpevolizzare / stigmatizzare chi si veste in un certo modo: se al prof. cade l’occhio è lui ad avere un problema, non chi si veste in un certo modo. Ma, se ci sono delle libertà, è anche giusto che vi siano dei limiti e che se ne discuta. A scuola come in altri ambiti. Facciamo un esempio: non è che perché esiste la sacrosanta libertà di opinione uno può insultare bellamente l’altro. Se lo fa, potrebbe beccarsi una querela penale.

Intendiamoci, definire il modo consono di vestirsi a scuola non è semplice, visto che le mode e le sensibilità, come detto, sono in continua evoluzione. Definirlo ora che sono arrivate delle censure dall’alto è ancora più difficile, visto che ai divieti si è risposto con la protesta e la provocazione e il muro contro muro. A questo punto non resta altro da fare se non tornare al tavolo: cioè discutere, discutere e ancora discutere. Civilmente e ammettendo che non è ricorrendo a ‘magliette della vergogna’ su aspetti così personali e delicati che si risolvono i problemi. Anzi, li si esacerbano.

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