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La mafia e la Svizzera

Fabio Regazzi ha ragioni da vendere: speriamo che tiri diritto!

22 luglio 2020
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Siamo all’ennesima presa di coscienza di quanto siano radicati anche da noi (nella Svizzera interna, ma anche in Ticino) taluni fenomeni malavitosi-mafiosi, che solitamente riempiono le cronache giudiziarie della vicina Penisola. Quante volte ci siamo chiesti: “e da noi, com’è?”. Ecco, da noi – basta dare un’occhiata al maxidecreto di fermo del procuratore antimafia di Catanzaro, Nicola Gratteri – il fenomeno è indubitabilmente presente.

La mafia c'è anche qui!

Già, perché sebbene nell’operazione antimafia siano scattate le manette a una settantina di persone in Italia e solo a una in Svizzera (in Argovia), mentre in Ticino è stato ascoltato un 59enne, è emerso chiaramente quali sono le pedine sulle quali, anche fuori Calabria, la criminalità organizzata può contare. Pedine attive pure su territorio elvetico che comprano armi e munizioni di ogni genere, vista la facilità nel procurarsele (complice la legislazione liberale rossocrociata), svolgendo poi anche attività losche di altro/ogni genere (dal riciclaggio, agli stupefacenti ecc.).

Armi facili da comprare

In un passaggio del decreto di fermo, che conta migliaia e migliaia di pagine (3’544 per la precisione!), si illustra proprio nel dettaglio cosa succede nella Confederazione (la parola ‘Svizzera’ è riportata ben 446 volte!). Un resoconto che dà parecchio da pensare. Sì, perché, con quanto si guadagna commerciando stupefacenti (e non solo evidentemente), qui si acquistano poi armi e si droga/investe pure sul mercato nazionale. Così una parte della nostra economia risulta a lungo andare – la ripetizione è voluta – drogata e falsata.

Le attività evidenziate sono molteplici e per rendersene conto basta sfogliare alcune delle migliaia di pagine del decreto dove si citano diversi esempi di attività (oro, ristorazione, prestiti) finanziate con soldi evidentemente facili e sporchi. Soldi che, a loro volta, permettono di fare grossi utili e di acquistare armi per gli arsenali di chi in Calabria (ma non solo) desidera continuare a controllare il territorio attraverso intimidazioni (omicidi) ed estorsioni.

Collaborazione bene, ma i tribunali?

Di positivo c’è che, quanto scoperto, dopo alcuni anni di inchieste internazionali, è stato possibile grazie alla collaborazione fra magistrati svizzeri e italiani. Un’intesa che ha portato frutti investigativi e che speriamo regga anche da noi di fronte ai tribunali. Se non fosse il caso – altro insegnamento da trarre, visti i precedenti – è giunto il momento che la politica si interroghi davvero sull’attualità delle nostre leggi confrontate con tale piovra criminale. Se non lo fossero, che si portino i correttivi, anche perché i giri mafiosi si piazzano volentieri in un Paese nel quale è più facile farla franca, o nel quale, se si deve pagare la fattura, il conto è tutto sommato poco salato.

Avanti Fabio Regazzi

Che il consigliere nazionale Fabio Regazzi, da qualche tempo al fronte politico su questi temi/nodi, tiri diritto con le sue richieste indirizzate direttamente a governo e parlamentari. Ha ragioni da vendere e speriamo che i sordi finalmente sentano!

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