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Covid: consiglio di Stato promosso, ora però...

È importante che si formi più personale sanitario che viva (e quindi anche spenda!) da noi.

26 maggio 2020
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A tre mesi dal primo caso ‘nostrano’ di coronavirus è finalmente tornato a riunirsi il parlamento cantonale. Anch’esso, come tutti, mira ad una nuova normalità: non a Bellinzona, ma in una più ampia aula ricavata al Palacongressi di Lugano. Un trasloco temporaneo, reso necessario, come tanti altri cambiamenti in questi mesi di emergenza. Ne citiamo alcuni centrali: la stretta (funzionante) collaborazione ospedaliera fra pubblico e privato (di solito in concorrenza!); il trasferimento di servizi all’interno dell’Eoc per far spazio ai reparti Covid; la delega di talune competenze, che normalmente gestisce l’amministrazione, allo Stato cantonale di condotta. Situazioni eccezionali, dettate dal particolare stato di bisogno nell’emergenza che hanno anche reso necessario chiedere alla Confederazione ben sei finestre di crisi (la prima persino retroattiva) per il Sonderfall ticinese.

Buon sostegno, ma...

Ma, a un certo punto a fase-2 inoltrata, era ed è giusto procedere ad un dibattito parlamentare e valutare l’operato di governo e tecnici, nella fattispecie il dr. Merlani e il comandante Cocchi. Diciamo subito che dal dibattito è emerso un buon sostegno dalla quasi totalità dei gruppi politici alla gestione della prima fase. Sostegno che, però, si è un tantino sgretolato dopo la comunicazione della volontà dell’esecutivo di prolungare (ora, anche nella fase-2) lo stato di necessità. E li capiamo i deputati scettici, perché il ritorno ad una normalità – anche diversa – va realizzato anche con il ritorno al ‘business as usual’ democratico: un perno forte, imprescindibile e – riteniamo – da far girare il più presto possibile. Andando al merito delle mille e una ricette proposte, quella che ha fatto maggiormente l’unanimità è stata l’esigenza di evitare di trovarci ancora un domani a sperare che l’Italia non precetti il personale infermieristico e medico (circa 4mila persone) che opera nel cantone.

Personale sanitario residente!

Quindi, guardando a una possibile prossima curva pandemica al rialzo, ma anche alle ricadute sul tessuto economico indigeno, è importante che si formi più personale che viva (e quindi anche spenda!) da noi. Quanto ad altre possibili misure, ci è parso di capire che parte dei deputati si aspetti dal governo che sappia individuare misure per colmare le lacune negli aiuti federali. Alcuni settori più deboli già li conosciamo: le badanti, il personale di servizio o chi, avendo un salario già basso, è stato più duramente colpito da un’ulteriore riduzione per lavoro ridotto. Come sostenere questi lavoratori per evitare disoccupazione o assistenza? Altro discorso è l’appoggio che noi, come consumatori, possiamo dare ad una parte della nostra economia: puntando su offerte a km zero (si inquina meno e si investe locale), negli acquisti come nelle vacanze. Siamo disposti a farle nella nostra regione nei prossimi anni?

Serve un patto di paese

Guardando oltre, pure l’innovazione merita attenzione. Ma a ben guardare gli ambiti sono davvero tanti. A breve, visto che si dovrà ripartire, ci vorrà un patto di paese. I soldi ci sono, ma non sono infiniti: vanno investiti per creare lavoro e ricchezza accordandosi su alcuni settori strategici. La crisi economica impone scelte lungimiranti e mirate. Insomma, la partita sullo scacchiere del Covid, con le sue incognite tuttora sul tavolo, va giocata con intelligenza. Al primo round chi ci ha guidato è stato promosso.

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