Commento

Hockey svizzero, prove di rivoluzione

Per mettere d’accordo tutti (o quasi) c’è dunque voluto il coronavirus, ma servirà ancora un mese per capire che tipo di cambiamento sarà

Ti-Press
11 maggio 2020
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Dopo questa pandemia di coronavirus poco o niente sarà come prima. Vale per l’economia, per il turismo, per le scuole, per la vita sociale in generale e vale anche per lo sport. E per l’hockey. Che, spinto a trovare nuove soluzioni per poter garantire a tutti gli attori, giocatori, tifosi e addetti ai lavori, sufficienti garanzie di sicurezze (dal profilo sanitario ma anche economico), ha preso – ci si passi la metafora calcistica – la palla al balzo per varare una sua prima riforma, in attesa di quella che potrebbe essere una vera e propria rivoluzione. Mentre tutto il mondo, e non solo quello sportivo, sta timidamente cercando di tornare a muovere i suoi primi passi dopo lo stop forzato a cui è stato costretto dal Covid-19, l’hockey ha fatto di necessità virtù, andando oltre quello steccato che fino a qualche stagione fa rappresentava una sorta di tabù inviolabile.

Il congelamento delle retrocessioni è realtà: quanto in tempi normali non erano stati capaci di fare in passato (e in più di un’occasione) i propugnatori di questa causa, è riuscito al Covid-19, anticipando di fatto ciò che sarebbe potuto accadere di qui a qualche anno. L’hockey, quello svizzero, ha così deciso la sua strategia per uscire da quel letargo in cui ci era stato cacciato a forza dalla pandemia: lo farà con una serie di novità. Ovviamente nella speranza (ancora tutta da verificare di pari passo con l’evoluzione dell’emergenza sanitaria) che lo possa per davvero fare fra qualche mese.

La delicata situazione sanitaria delle ultime settimane ha messo a nudo un’altra delicata questione: quella economica di più d’una società. Confrontato con l’incertezza legata all’evoluzione della malattia con cui tutto il mondo deve fare i conti, anche lo sport deve trovare il modo per trarsi d’impaccio nel migliore dei modi. Prima di tutto per limitare i danni, perché altrimenti le conseguenze potrebbero essere pure catastrofiche: in ballo, stringi stringi, c’è l’esistenza stessa di più d’una società. Il Langnau, in questo senso, era stato uno dei primi a lanciare il suo grido d’allarme per quel che concerne le società che militano nel massimo campionato svizzero di hockey. Un ‘Sos’ seguito poi da quello di altri club. Gli stessi che ieri si sono appunto ritrovati, finalmente dietro a un tavolo – ovviamente con tutte le precauzioni dettate dall’emergenza sanitaria –, per prendere in esame le possibili soluzioni.

Come, appunto, quella di congelare le retrocessioni. Per mettere d’accordo tutti (o quasi) c’è dunque voluto il coronavirus: nella stagione 2021/22 saranno così 13 le squadre ai nastri di partenza della National League, che potrebbero poi diventare anche 14 la stagione seguente, qualora i delegati dovessero decidere di confermare anche l’anno successivo questa modalità. Ma, appunto, questa è musica del futuro. Anche perché, ora come ora, le certezze sono davvero poche, mentre i punti interrogativi a cui si deve ancora trovare una risposta sono tanti. Deciso quale sarà il primo passo verso quella che sarà la realtà post-coronavirus, l’hockey nazionale si è ora dato qualche settimana di tempo per ponderare quelle che potrebbero essere le prossime tappe del processo di innovazione indirettamente imposte dall’emergenza sanitaria: tra poco più di un mese molti di quei punti interrogativi (almeno quelli che potranno essere sciolti direttamente) troveranno una loro risposta. E allora si saprà se all’orizzonte si profilerà una vera rivoluzione.

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