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Morti in case anziani, Il Dss faccia una verifica approfondita

Coronavirus, serve un'attenta analisi del Dipartimento per spiegare l'eccessivamente elevato numero di decessi. Niente caccia alle streghe. Ma correttivi

22 aprile 2020
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C’è un dramma nel dramma che provoca una stretta al cuore e un senso di ingiustizia. È l’elevato, eccessivamente elevato numero di morti tra gli ospiti delle case per anziani in Ticino: più o meno la metà di coloro fin qui deceduti per/con coronavirus. I nostri vecchi, appunto. Parliamo di tante persone che nell’anonimato quotidiano hanno contribuito al benessere di questo cantone, che hanno dato la possibilità ai figli di studiare e di formarsi, che hanno accudito i nipoti per consentire ai genitori di lavorare. Persone che necessitando di un’assistenza continua trascorrono l’ultima parte della loro esistenza in strutture che si presume protette, ancora di più in momenti di emergenza sanitaria. Continuiamo a leggere e a sentire di ultraottantenni con patologie pregresse, dunque assai vulnerabili. Ma ciò non basta a spiegare e men che meno a giustificare la tragica lunga lista. La si poteva quantomeno contenere? Se lo chiedono anzitutto parenti e conoscenti di chi non c’è più.

In Ticino le case per anziani sono quasi settanta. In alcune, ad oggi, non si registrano né contagi, né decessi. Non così in altre. Perché? Cosa non ha funzionato in quegli istituti travolti dall’epidemia? Avere un quadro preciso della situazione, anche per evitare generalizzazioni, è di fatto impossibile. Ci sono responsabili di case di riposo che, interpellati dai media, rispondono. Altri che non rispondono oppure rispondono in modo volutamente approssimativo: un imbarazzato od omertoso silenzio che inevitabilmente alimenta sospetti. Restano quindi i dati complessivi appresi dalle conferenze stampa sull’allarme Covid-19 tenute dal governo e dallo Stato maggiore cantonale di condotta. Fino a mercoledì 1° aprile i morti in case per anziani erano 43, ovvero un terzo del totale dei decessi. Il numero è via via cresciuto. Venerdì 10 erano saliti a 99, su un totale di 227 decessi. E questo a poco più di un mese dal divieto delle visite negli istituti per anziani (e negli ospedali), deciso dalle autorità, e dalla direttiva del Medico cantonale, anch’essa datata 9 marzo, destinata alle direzioni delle case di riposo, con disposizioni sul personale curante, sui fornitori, sull’organizzazione degli spazi interni... “Sono stati effettuati controlli anche presso le strutture nelle quali è purtroppo entrato il virus: non sono state rilevate criticità o imperizie”, ha sostenuto nella conferenza del 10 aprile il capo della Divisione della salute pubblica (Dipartimento sanità e socialità). Eppure il virus è entrato. Era inevitabile?  

In Italia diverse Procure hanno aperto inchieste sui decessi in case di riposo. Al Ministero pubblico ticinese non risulta siano giunte per il momento segnalazioni. Non occorre però attendere un eventuale intervento della magistratura per fare chiarezza. Confidiamo pertanto in una verifica approfondita da parte del Dipartimento sanità e socialità. Non si vuole una caccia alle streghe. Si chiede un'analisi, doverosa, per capire, risolvere i problemi (per esempio quello degli asintomatici) e introdurre correttivi. Come ha dichiarato la presidente della deputazione ticinese a Berna Marina Carobbio, medico di professione, dobbiamo “imparare dalle esperienze di queste settimane, anche analizzando criticamente quanto fatto e quanto non fatto, in modo da essere pronti per il futuro”.
 

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