Commento

Occorrono leggi e sanzioni adeguate anche per i signori della rete!

29 gennaio 2020
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Bene: sul video di Matteo Salvini che citofona ad una famiglia residente a Bologna per chiedere se sono loro gli spacciatori si è finalmente innescato un dibattito anche dal punto di vista giuridico-giudiziario. Dibattito che segue quello più squisitamente politico, passato dalla condanna per quella citofonata (volutamente filmata e mandata online su Facebook), all’analisi dell’effetto-boomerang sul rettilineo finale della campagna elettorale. In proposito pare infatti che alcuni elettori, che avrebbero magari disertato le urne, osservando la deriva salviniana si sarebbero convinti ad andare a votare proprio per la sinistra permettendo al Pd di rafforzarsi in Emilia-Romagna, perché mossi dalla volontà di scongiurare il successo di un leader smaccatamente sovranista/razzista e pericoloso. Passata la piena, quello che ora interessa è però la discussione sui contenuti del filmato da taluni ritenuto un bel/brutto esempio di incitamento all’odio. Di più: quel video rendeva persino riconoscibile (e pure rintracciabile) il minorenne additato dal leader leghista. Inutile dire che, visto l’alto numero di visualizzazioni (pare più di 280mila), anche le manifestazioni di disprezzo e odio hanno tracimato.

Ecco dunque servito un ottimo esempio di come si possano strumentalizzare politicamente situazioni varcando ogni limite etico e probabilmente anche legale, cavalcando spregiudicatamente l’onda lunga e libera dei social network.

Farlo è facile se manca un contrappeso importante, di cui sono invece provvisti i mass media tradizionali e territoriali: nel loro caso infatti, accertata la violazione del diritto, la sanzione può colpire anche l’azienda.

Nel caso specifico, invece, Facebook (grazie alla natura internazionale tipica delle piattaforme) ha analizzato secondo suoi criteri e algoritmi il video, si è presa giorni e giorni, ha lasciato che la campagna elettorale finisse e solo dopo ha rimosso il filmato rimasto per ben sette giorni online. Il social network di mister Zuckerberg si è difeso dalle accuse di aver temporeggiato dicendo che si trattava di decisioni da prendere ‘incredibilmente complesse e sfaccettate’ che ‘richiedono un’attenta considerazione di molteplici fattori’. Sì, possiamo benissimo capire quanto sia difficile prendere decisioni in continuazione, vista l’immensità di contenuti anche problematici postati sulla piattaforma. Ma intanto, lasciando online quel video molto discutibile, Facebook ha generato traffico, ha fatto soldi e ha anche speculato.

Nossignori, così non va, e siccome non è la prima volta che accade, ribadiamo che occorrono sanzioni adeguate anche per i colossi della rete, come succede per tutti i mass media tradizionale che sbagliano. Sanzioni pesanti, che devono obbligare le piattaforme a prestare molta più attenzione e a rimuovere in tempi molto più stretti contenuti offensivi mettendo al bando certi utenti. Basta speculare anche su ambiguità del tipo ‘a differenza dei mass media, noi siamo semplici veicolatori di contenuti altrui’. Abbiamo perso terreno, ma nessuno dice che non lo si possa recuperare mettendo finalmente i giusti puntini sulle ‘i’ dei signori della rete.

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