Commento

I tempi cambiano e le cabine muoiono

Sono ancora vivi nella memoria gli anni in cui telefonare fuori casa voleva dire entrare in una cabina pubblica. Oggi questi oggetti sono pezzi da museo

(Fonte Swisscom)
29 novembre 2019
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“L’unica costante nella vita è il cambiamento”. Lo diceva il filosofo greco Eraclito 2’500 anni fa ed è una frase citata dalla Consigliera federale Simonetta Sommaruga in una gentile e inattesa lettera di risposta a un ragazzino della Capriasca che l’aveva interpellata – sponte sua – sul futuro delle cabine telefoniche. Il giovane, colpito dal fatto che pochi mesi prima avessero messo fuori servizio il telefono pubblico della scuola media da lui frequentata, e che ormai ci si apprestava al pensionamento anche dell’ultima cabina telefonica in Svizzera, scriveva alla responsabile delle comunicazioni per chiederle di permettere pure alla sua generazione di fare una telefonata senza per forza essere muniti di cellulare. In pratica invocava la libertà di non avere uno smartphone. Una libertà che alla luce del bisogno indotto della connettività sempre e ovunque, è diventata una sorta di vezzo snobistico che nemmeno un undicenne può permettersi. Un lusso, di fatto. Ma pensandoci bene non sono poi così distanti gli anni in cui era normale telefonare da una cabina che nel tempo sono state testimoni di cambiamenti anche tecnologici: dai telefoni che funzionavano con le monete da 20 centesimi che si vedevano fisicamente scendere piano piano e che invitavano a concludere in fretta la chiamata, fino a quelli con le carte prepagate (le famose e svizzerissime taxcard) o con le più recenti carte di credito che preannunciavano già il futuro.

Erano gli anni in cui si formavano le code davanti alle cabine per telefonare, chiamare un taxi o avvisare casa che si era arrivati a destinazione e che il viaggio era andato bene. Brevi comunicazioni – perché costavano denaro, altro che tariffe flat – che rassicuravano i propri cari. Oggi basta un rapido messaggio Whats­App. Chissà, infine, di quanti sospiri e giuramenti d’amore sono stati testimoni questi oggetti ormai da museo. I tempi cambiano da sempre e non c’è spazio per la nostalgia, ha ragione Eraclito.

All’inizio degli anni 90 erano ancora 60mila gli apparecchi pubblici. Le ultime tremila cabine sono state dismesse negli ultimi due anni. L’ultimissima è stata smantellata ieri a Baden e la destinazione è appunto il museo della comunicazione di Berna. Sul territorio ne rimarranno altre 150 – quelle sferiche di vetro – gestite dalla Società generale di affissione (Sga), ma più come oggetto di design urbano che altro, dato che la funzione pubblica si è esaurita con l’avvento della telefonia mobile di massa. I costi di manutenzione e pulizia di queste ‘Telecab 2000’ – è il nome di questi apparecchi – verranno finanziati dalla pubblicità in forma di cartellonistica. E anche questo è un segno di questi tempi moderni.

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