Commento

Troppi pochi figli: che si fa?

Questione di costi, sacrifici e politiche a favore della natalità/conciliabilità famiglia-lavoro!

5 novembre 2019
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Oltre il 60% delle donne e degli uomini tra i 20 e i 29 anni desidera avere due figli. Ma ci riesce solo il 40%. Il 30% delle donne con un titolo di formazione superiore resta senza discendenti.

È quanto emerge dai primi risultati dell’indagine sulle famiglie e sulle generazioni 2018 dell’Ufficio federale di statistica (Ust). Dallo studio, che viene realizzato ogni cinque anni, risulta pure una grande solidarietà tra genitori e figli adulti nella Svizzera italiana.
Dati questi positivi o negativi? Per la società, nel suo complesso, negativi, perché la radiografia ci conferma che, così come siamo, siamo destinati ad invecchiare a ritmo accelerato, visto che di fatto la maggioranza delle coppie non mette al mondo almeno un paio di figli. Confermato anche un altro dato che già conoscevamo: più si studia, e più sono le donne che si formano ottenendo un titolo di formazione superiore, e meno mettono al mondo figli. Al contrario, le famiglie provenienti da altre culture, in particolare gli immigrati, spesso professionalmente meno formate, mettono al mondo più figli.

Tali numeri ci portano anche a riflettere sull’invecchiamento della nostra popolazione e il relativo prolungamento della vita dalla terza alla quarta età. Tale evoluzione in corso genera da un lato i noti problemi di finanziamento dell’Avs e dello stato sociale; dall’altro offre nuove opportunità lavorative, grazie a nuovi profili professionali che sono sempre più richiesti per affiancare gli anziani a domicilio o nelle case per anziani. In tal senso sarebbe opportuno che, come fatto di recente dal Dfe alla ricerca (tramite la Sezione del lavoro) di alcune centinaia di autisti di mezzi pubblici, si facesse un bilancio del fabbisogno e si procedesse ad una sensibilizzazione e a un appello pubblico. Della serie: disoccupati svizzeri e residenti, il fungo demografico arriva al dunque, sappiate che ci sono questi profili sempre più richiesti e questi posti a disposizione.

Altro lato della medaglia, guardando al bicchiere mezzo vuoto, è quello decisamente problematico dello stimolo ad avere più figli. Come fare?
Qui la questione si fa più complessa, perché se le donne danno legittimamente la priorità alla formazione e alla carriera, il non fermarsi al figlio unico non è sempre compatibile con i ritmi del posto di lavoro a tempo pieno. E non da ultimo c’è anche il desiderio, soprattutto nei primi anni (fatto legittimo oltre che naturale), di crescere ed educare alla vita i propri figli e non solo di metterli al mondo e di lasciarli poi nelle mani di terze persone, che nella migliore delle ipotesi sono dei familiari. Una quadratura del cerchio ardua e spesso problematica in un mondo del lavoro ancora concepito soprattutto per gli uomini.

Da un profilo poi più personale avere figli, o meglio crescere dei figli, costa parecchio. Sia in termini di messa a disposizione di quanto di più prezioso abbiamo: il nostro tempo da dedicare agli altri. Siamo ancora disposti a simili sacrifici? Sia in termini meramente economici. Più di una coppia prima di lanciarsi nell’avventura bis, dopo il primo figlio, fa due conti e si decide per lo stop. Fare figli costa tempo e denaro, e il peso delle responsabilità genitoriali in una società frenetica come la nostra si fa sentire. A meno che… a meno che davvero si inventi (e si finanzi) una politica proattiva a favore della natalità/conciliazione lavoro-famiglia.

Chissà, a furia di statistiche che raccontano sempre la stessa storia, si finirà per arrivarci. O almeno provarci. Speriamo.

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