Commento

Predicatori d'odio e violenza, via dalla Svizzera!

Servono imam che si astengano da qualsiasi tipo di sermone incendiario, capaci di promuovere valori positivi: l’amore, il rispetto, la condivisione, l’apertura

17 ottobre 2019
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È cronaca di ieri: l’imam della moschea di Kriens, salito alla ribalta nazionale per un sermone in cui avrebbe giustificato la violenza sulle donne a scopo educativo, non può più lavorare. Ebbe a dire pubblicamente che il ricorso a colpi leggeri nei confronti di una consorte indisciplinata può essere considerato lecito qualora altre misure, come il dialogo, non dovessero avere effetto. Il Consiglio dell’associazione che gestisce la moschea ha preso il toro per le corna e ha deciso di licenziarlo. A questo punto sarebbe meglio che costui lasciasse, al termine dell’inchiesta della magistratura, anche il nostro Paese!

La vicenda ripropone, per talune comunità musulmane svizzere, una questione scottante, considerato che quello di Kriens non è il primo caso del genere. Ossia quella di ritrovarsi nel proprio luogo di culto predicatori che non conoscono leggi e costumi elvetici. Dovrebbero invece poter diventare ministri del culto solo coloro che li conoscono e soprattutto li accettano. Se, invece, ancor oggi, si scoprono predicatori che, nelle cerchie di fedeli, veicolano surrettiziamente messaggi di odio, ecco che proprio non ci siamo. È quindi responsabilità prima delle comunità saper designare persone equilibrate, mai fomentatrici di odio e di sballate tesi di ricorso alla violenza, nel caso in questione persino all’interno del nucleo familiare.

È nota positiva, per contro, prender atto che l’associazione ‘Dar Assalam’ ha saputo reagire licenziando (anche se non proprio tempestivamente) l’imam “per rispetto delle Costituzioni della Svizzera e del canton Lucerna”. Ieri, precisando che nei confronti del 38enne iracheno vale la presunzione d’innocenza, l’associazione ha anche scritto nero su bianco che nella moschea non si può diffondere odio, agitazione e violenza e che i responsabili non intendono spalancare le porte a predicatori radicali, ma vogliono un luogo di culto aperto alla preghiera per tutti.

È un bene che costoro abbiano reagito autonomamente. Ma siccome non è il primo caso di tale natura, le comunità musulmane dovranno darsi da fare affinché situazioni simili non si ripetano, perché qualcuno non si convinca che il problema sta (per così dire) nel manico. Servono predicatori che non solo si astengano da qualsiasi tipo di sermone incendiario con contenuti di violenza e/o criminali, ma che siano anche capaci di predicare promuovendo valori positivi: l’amore per il prossimo, il rispetto, la condivisione, l’apertura. In caso contrario diffidenza e chiusura cresceranno. E già sappiamo, ‘sfogliando’ i ‘social’, quanto sia facile poi generalizzare e provocare reazioni altrettanto fuori posto. L’odio richiama (e purtroppo alimenta) sempre sé stesso!

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