Commento

Trump, lo scompaginatore

Niente di strano neppure dietro le decisioni più incomprensibili prese dal presidente statunitense

8 ottobre 2019
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Non stupisce la decisione di Trump di ritirare le truppe dalle aree sotto controllo curdo nel Nord della Siria.

Non è infatti nuova la sua attitudine a scompaginare scenari e a disattendere impegni assunti in precedenza dagli Usa: un po’ per la perfetta ignoranza delle situazioni puntuali; un po’ per la natura erratica di un carattere narcisista al limite del patologico. Bisogna poi ammettere che una promessa elettorale di Trump fu proprio quella di richiamare i ‘suoi’ soldati dai fronti in cui erano impegnati, senza curarsi delle conseguenze sul terreno e sulle alleanze vigenti. In un certo senso, l’annuncio di domenica notte è conseguente a ciò che di lui si conosceva. C’è anche una contingenza che può spiegare il “tutti a casa”, vale a dire la nevrosi che sempre prende la politica statunitense nell’anno che precede le presidenziali. Trump ha cioè bisogno di esibire risultati, dal Muro, alla guerra commerciale con la Cina e l’Unione europea, all’Iran, alla Corea del Nord, all’Afghanistan. Nell’immediato, inoltre, ha la necessità di riempire le prime pagine di notizie che non siano le rivelazioni sulla sua gestione dissennata del potere. Si aggiunga, nel caso del ‘tradimento dei curdi’, l’interesse speculare di Recep Tayyip Erdogan a gettare un’offensiva anticurda in pasto a una opinione pubblica che ha preso a diffidare di lui. Quello del ‘terrorismo curdo’, benché in ribasso, resta un argomento a cui fare ricorso con profitto in tempo di crisi. E la formazione di una area di sicurezza nelle terre siriane di confine può forse essere spacciata come una necessità, della cui soluzione essere grati al presidente: la Turchia ospita milioni di profughi siriani.

Ma sono calcoli, quelli di Trump e Erdogan, facilmente destinati al fallimento, dopo un pur eventuale “successo” nel breve periodo. Neanche al più cinico degli osservatori può sfuggire che l’annuncio di Trump è una pugnalata alla schiena dei curdi. Il ruolo delle loro milizie nella sconfitta dell’Isis è stato universalmente riconosciuto, e strategicamente determinante. Anche ignorando l’amoralità della decisione di Trump, non si possono non valutare le conseguenze che avrà sugli alleati di cui ancora gli Usa dispongono in quella e in altre regioni.

Chi vorrà ancora fidarsi, o riconoscere autorità a un uomo e al suo Paese, che ne pretendono una assoluta sul mondo? Nel territorio controllato dai curdi sono detenuti decine di migliaia di combattenti dell’Isis, che torneranno a disperdersi nei recessi siro-iracheni, quando i curdi dovranno allentare la vigilanza per tentare di resistere all’offensiva turca. L’ingiunzione di Trump agli europei di riprendersi i ‘loro’ foreign fighters è da questo punto di vista un’idiozia, e dà semmai una chance in più ai jihadisti, sconfitti sì, ma non scomparsi.

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