Commento

Simulazione di democrazia: Rousseau e il governo giallorosso

Il 'sì' quasi bulgaro dei militanti Cinquestelle salva l'Italia da conseguenze grottesche. Ma conferma la concezione scellerata di democrazia del Movimento

(Keystone)
3 settembre 2019
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Alla fine i militanti del Movimento 5 stelle hanno deciso di benedire con maggioranza quasi bulgara la nascita di un nuovo governo col Partito democratico. Si possono nutrire tutti i dubbi del caso sulla trasparenza del voto e sull’attendibilità del risultato: la vittoria del ‘sì’ è comunque un bene. Non tanto per il futuro del governo e dell’Italia, che resta nebuloso, ma perché almeno non abbiamo dovuto assistere alle conseguenze grottesche di una bocciatura: i rappresentanti degli elettori – 11 milioni solo quelli che hanno votato Cinquestelle – sconfessati con un clic da 80mila militanti; la Costituzione subordinata a Rousseau, un ‘sistema operativo’ che il Garante per la privacy ha già sanzionato perché opaco e manipolabile, controllato direttamente dai padri-padroni Grillo & Casaleggio; la democrazia sostituita dalla sua simulazione.

Rimane il fatto che il rischio c’è stato, e che episodi del genere devono preoccupare chi intende governare con il Movimento. Vuoi per ricatto politico, vuoi per cecità ideologica, a ogni screzio i grillini potranno ancora impugnare la fantomatica ‘base’ per forzare a loro piacimento il meccanismo istituzionale. D’altronde è da un pezzo che Beppe Grillo lo promette: “Apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno”. Leggi: subordineremo la repubblica al nostro movimento, con la scusa della democrazia diretta. Il costituzionalista Sabino Cassese nota il paradosso: così i paladini de ‘laggente’ “rinverdiscono i fasti della partitocrazia”. E se Leonardo Sciascia fu forse ingrato col filosofo della ‘volontà generale’, le sue parole spiegano bene le tattiche del portalino che ne ruba il nome, e soprattutto la scellerata concezione politica che le sdogana: “Proclamando che la parte può sostituire il tutto, Rousseau è all’origine dei principali mali del nostro secolo”.

Nell’attesa della lista dei ministri – si attende quantomeno la normalizzazione del ministero dell’Interno preso in ostaggio dalla propaganda di Salvini –, s’inizia anche a discutere di programma. Per ora, come al solito, si promette di tutto: più spesa pubblica e meno tasse, “rimuovere le diseguaglianze”, Green New Deal, taglio dei parlamentari, aiuti al Sud, digitalizzazione, lotta alle mafie, rilancio di Roma. Sembra la letterina a Babbo Natale (“posso avere anche un pony?”). Intanto Luigi Di Maio ha subito fatto sapere che la priorità è il taglio delle ‘poltrone’: perché se hai un computer, che te ne fai d’un Parlamento?

 

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