Il Dibattito

Diario scolastico: malafede o prepotenza?

Ciò che di fatto è successo è che un prodotto sviluppato da un editore privato è stato “scippato” dallo Stato

Scavare un fossato tra pubblico e privato in questo momento non è certo un buon segnale lanciato dalla Divisione della scuola (Ti-Press)
17 luglio 2019
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A seguito della conferenza stampa di presentazione del nuovo Diario scolastico della Svizzera italiana 2019/20 – già disponibile nelle librerie, nelle cartolerie e nei grandi magazzini e che quest’anno festeggia gli 80 anni al servizio degli allievi, delle famiglie e della scuola – gli organi di informazione hanno dato la notizia della sua mancata adozione nelle scuole medie dopo 25 anni di proficua collaborazione tra il nostro Istituto editoriale e il Cantone. Interpellato dalla Rsi e dalla Regione (8.7.19) in merito alla scelta di distaccarsi dal nostro “Diario scolastico” per produrre invece un’agenda scolastica in proprio il capo Divisione della Scuola, dr. Berger, ha rivendicato la scelta del Canton Ticino giustificandola con la necessità di rimettere a concorso un contratto di prestazione a lungo termine, lasciando intendere notevoli risparmi per il Cantone sui soli costi di stampa.

Ciò che di fatto è però successo è che un prodotto sviluppato da un editore privato è stato “scippato” dallo Stato a quell’EDITORE per poi essere proposto, attraverso un concorso su invito, a delle TIPOGRAFIE (che a differenza di una casa editrice, si limitano alla sola operazione di stampa). Prova ne è anche il fatto che fra le cinque aziende interpellate non figura quella (la nostra) che 80 anni fa ha ideato e poi sviluppato l’agenda scolastica per le scuole della Svizzera italiana. Il comportamento sleale della Divisione scuola del DECS dimostra purtroppo ancora una volta che il Cantone non vuole riconoscere il lavoro degli editori e ignora bellamente la naturale filiera del libro che arriva fino alla LIBRERIA (un altro bell’esempio è il Manuale di storia svizzera edito dal DECS e introvabile in libreria perché addirittura fuori commercio!). E questo proprio in anni in cui, per contro, la Confederazione cerca di sostenere editori e librai riconoscendo il loro specifico contributo alla cultura, alla democrazia del Paese e, non da ultimo, all’occupazione.

Chi conosce i dettagli di queste operazioni non riesce a capire se, alla fine, si tratti di malafede o semplice prepotenza “ministeriale”. Scavare un fossato tra pubblico e privato in questo momento non è certo un buon segnale lanciato dalla Divisione della scuola. Speriamo che qualcuno se ne accorga.

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