Commento

Libra, una pseudo valuta per gli 'sbancati'

Finora si conosce solo il nome, mentre sono oscuri i principi che stanno alla base del suo sviluppo e i probabili rischi per la tenuta del sistema finanziario internazionale

Mark Zuckerberg, co-fondatore e Ceo di Facebook (Keystone)
3 luglio 2019
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Finora si conosce solo il nome, mentre sono oscuri – almeno a noi comuni mortali – i principi che stanno alla base del suo sviluppo e probabile capillare diffusione con rischi anche gravi per la tenuta del sistema finanziario internazionale. A questo proposito Sergio Rossi, economista e professore di economia monetaria all’Università di Friburgo (cfr. approfondimento a pagina 2), è chiarissimo. Stiamo parlando di Libra (bilancia in latino), la futura ‘moneta’ digitale di Facebook che si baserà in parte sulla stessa tecnologia del Bitcoin: la blockchain. A differenza di quest’ultima, l’emissione di Libra non dipenderà però solo da un astruso sistema di calcolo decentralizzato, ma dalla stessa Facebook attraverso una sua società – la Calibra – che ne gestirà gli aspetti finanziari e da un consorzio di altri aderenti all’associazione che ne garantiranno la copertura. In pratica il popolare socialnetwork sta creando la sua ‘banca centrale’. Per intenderci, i possessori di Bitcoin per trasformare la loro stringa di calcolo alfanumerica (il presunto ‘oro digitale’) in dollari, franchi o euro devono trovare qualcuno disposto ad acquistarla. Se i partecipanti al sistema monetario decentralizzato del Bitcoin o simili (nel senso che non è controllato da nessun governo o altra organizzazione privata o pubblica) perdono fiducia nella ‘loro’ criptovaluta, il valore della moneta andrà a zero. Un po’ come succede per qualunque strumento finanziario d’investimento, sia esso azione, obbligazione o prodotto derivato quando non trova acquirenti.

Nel caso di Libra questo non dovrebbe succedere perché, ancorché in modo digitale e parzialmente decentralizzata grazie alla tecnologia blockchain, questa unità di conto potrebbe teoricamente essere sempre trasformata in una delle principali valute internazionali su cui si basa (dollari, franchi, euro eccetera) grazie all’associazione Libra, la ‘banca centrale’ di Facebook e soci. In pratica si sarebbe risolto il problema della forte instabilità delle criptovalute e nel contempo – grazie alla semplicità con cui si potrà usare (sarà verosimilmente un’app installata sullo smartphone) – favorirne la circolazione come mezzo alternativo di pagamento di servizi e beni. Non per nulla, fiutando l’affare, all’associazione Libra, con base a Ginevra, hanno aderito i colossi mondiali delle carte di credito come Visa, Mastercard e PayPal.

Tutto bene, quindi? Non proprio. La finalità ufficiale di Libra è quella di dare accesso al sistema bancario, ai quasi due miliardi di persone ancora escluse. Quella vera è di trasformarli in nuovi consumatori. Comunque sia, includendo queste persone in un circuito monetario chiuso, ma accessibile, simile a quello di Facebook, come faranno ‘gli sbancati’ (unbanked) a trasferire i propri fondi al di fuori del sistema Libra? Quest’ultima dovrebbe essere stabile perché garantita dagli attivi del consorzio Libra, che saranno espressi in una valuta classica. L’associazione con sede a Ginevra dovrà poi acquistare, e tenere, attivi in grado di coprire il valore delle Libra circolanti fra quasi due miliardi di persone; sarà in grado di farlo? E nel caso di una crisi finanziaria di tipo sistemico, sempre possibile, come quella del 2007-2008, cosa succederebbe a questi attivi e ai risparmi di chi si è fidato delle Libra?

Domande che dovrebbero inquietare prima di tutto i governatori delle principali banche centrali e i regolatori. Infine, gli ‘sbancati’ vivono prevalentemente in Paesi poveri con valuta debole. In caso di eccezionale successo della Libra, assisteremmo a una fuoriuscita di capitali da queste economie accentuando gli squilibri finanziari nei confronti dei Paesi forti. Proprio una bella stabilità.

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