Commento

Rinunciare alle comodità per lasciare un pianeta vivibile

La Svizzera nei primi 5 mesi ha esaurito le risorse che il pianeta è in grado di rinnovare nell’arco di un anno

foto Ti-Press
25 maggio 2019
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Per la maggior parte degli svizzeri è ormai troppo tardi per ‘salvare il pianeta’: meno di un terzo (ossia il 31%) pensa che ci sia ancora tempo per farlo, stando a un sondaggio appena pubblicato da ‘Le Temps’. Nell’attesa, il 94% ha assunto uno stile di vita più ecologico, ma per la maggioranza degli elvetici si dovrebbe fare tutti di più. Le scelte del singolo, seppur importanti, non bastano. Infatti, non siamo messi bene: dal 7 maggio (secondo il Wwf) la Svizzera vive sulle spalle delle generazioni future o di altri Paesi. Questo significa che in 5 mesi abbiamo esaurito le risorse che il pianeta è in grado di rinnovare nell’arco di un anno. Uno svizzero vive come se avesse a disposizione 3 pianeti.
Nessuno lo farebbe col budget di casa, ma lo facciamo col pianeta, le cui pattumiere sono drammaticamente piene, non sappiamo come svuotarle e continuiamo a riempirle. Non abbiamo soluzioni tecniche per risolvere l’acidificazione degli oceani, l’accumulo di azoto nei terreni, l’aumento di CO2 nell’atmosfera.
Siamo la prima generazione consapevole dei rischi e l’ultima che può fare qualcosa. Che cosa stiamo facendo? A quante comodità siamo disposti a rinunciare per lasciare un pianeta vivibile alle generazioni future? Si ritroveranno confrontate con eventi non controllabili come cicloni, incendi sempre più devastanti, scioglimento dei ghiacci polari con conseguente erosione delle zone costiere, crollo dei raccolti, difficoltoso accesso all’acqua potabile e così via. A dirlo è il noto divulgatore scientifico Luca Mercalli che, sulla Regione, ha precisato «i biologi sono ormai concordi, abbiamo avviato la sesta estinzione di massa. Se non stiamo attenti, potremmo essere inclusi tra gli estinti».
Per invertire la rotta e prosperare in equilibrio va ridisegnata l’economia perché quella consumistica non è compatibile col benessere del pianeta.
L’unica ricetta per il prof. Pietro Majno (chirurgo e ambientalista) è drastica e passa attraverso un razionamento dei consumi di materie ed energie, una ridistribuzione della ricchezza, una nuova gestione dei beni comuni, la tassazione dei profitti in termini di produzione di CO2.
Immaginiamo una società dove ogni cittadino riceve gratuitamente una carta di credito con una quantità di materie ed energia da consumare ogni mese. Può scegliere come usarla. Se acquista una fesa di vitello che consuma più CO2 di un piatto di lenticchie, dovrà usare la bici per andare al lavoro o rinunciare ad acquisti inquinanti. C’è insomma un budget energetico da rispettare ed è uguale per tutti.
Il grosso problema è come finanziare tutto ciò. Una via è tassare i profitti in termini di produzione di CO2: chi inquina paga e l’incasso serve a remunerare una serie di impieghi non redditizi, che ‘ricapitalizzano’ la natura come ripopolare le foreste, fare agricoltura ecologica, pulire mari, fiumi e laghi, salvare cibo dal macero e distribuirlo ai più poveri. Bisogna avere il coraggio di dire che è necessario adeguarsi ai limiti fisici del pianeta, razionando l’energia a disposizione e distribuendola in modo equo.
A livello personale oltre a ridurre il nostro impatto (sprecando meno, viaggiando meno e favorendo le energie rinnovabili) possiamo votare chi affronta veramente e seriamente il tema. Il prossimo appuntamento sono le elezioni federali di ottobre: sempre secondo il sondaggio di ‘Le Temps’ la posizione dei candidati in fatto di ecologia sarà importante per il 75% del grande pubblico e per l’81% dei leader d’opinione.

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