Commento

Pianificazione tra speranze e agguati

Villaggi e città si espandono in modo disordinato; casette, palazzi, e infrastrutture spuntano come funghi, divorando fette spropositate di verde

5 febbraio 2019
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Villaggi e città si espandono in modo disordinato; casette, palazzi, capannoni e infrastrutture spuntano come funghi, divorando fette spropositate di verde. Ogni secondo che passa quasi un metro quadrato di terreno scompare sotto una colata di cemento, denunciano i Giovani Verdi. Il paesaggio si imbruttisce, preziosi ettari di terra vengono sottratti all’agricoltura, i costi lievitano perché nelle aree nuovamente urbanizzate bisogna portare strade, acqua, luce e fognature. Più le costruzioni sono sparse, più chi vi abita o vi lavora sarà costretto a usare l’auto: e allora code, inquinamento, e tutto quel che ne consegue.

È la cosiddetta dispersione degli insediamenti, che l’iniziativa ecologista in votazione il 10 febbraio intende combattere congelando per sempre la superficie complessiva delle zone edificabili: una parcella potrà essere resa edificabile soltanto se un’altra parcella di taglia e valore paragonabile verrà tolta dalla zona edificabile. Il fenomeno in Svizzera si è prodotto per lo più nel rispetto delle regole vigenti. Anche nel Pian Scairolo, che per l’architetto Mario Botta è “il peggio di quanto si sia potuto fare negli ultimi venti, trent’anni” (cfr. ‘laRegione’, 2 febbraio). O a Crans-Montana, in Vallese, dove ancora in un recente passato per attirare turisti e facoltosi proprietari di residenze secondarie è stata azzonata una superficie tanto vasta che in teoria le riserve basterebbero fino all’anno... 3083.

Immagini e cifre a effetto vanno prese con la dovuta cautela. È assodato infatti che la riveduta Legge sulla pianificazione del territorio (Lpt, in vigore dal 1o maggio 2014) sta producendo effetti tangibili: il consumo di suolo a favore del mattone – lo ha ben evidenziato Pierre Dessemontet, specialista del Politecnico di Losanna (blogs.letemps.ch/pierre-dessemontet/) – è stato rallentato ed è ormai di mille campi da calcio l’anno, non di 2’700 come sostengono i Giovani Verdi. La politica di densificazione (‘costruire sul costruito’) in auge funziona: la crescita della superficie costruita abitata è 3-4 volte più debole di quella della popolazione. E la Lex Weber (in vigore dal 1o gennaio 2016) si sta rivelando un argine efficace contro la dispersione delle abitazioni secondarie. Ma non è solo questione di statistica. “Le mentalità sono cambiate”, dice il consigliere nazionale Ppd Fabio Regazzi. E perfino Raimund Rodewald, direttore della Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio (nel 2008 lanciò l’iniziativa che diede origine alla revisione della Lpt), crede che “la problematica di nuovi, estesi azzonamenti non si pone oggi né negli anni a venire”.

C’è da sperarlo. Ma la speranza non per forza aiuta a dormire sonni tranquilli. O a votare col cuore leggero. Un vero bilancio dell’attuazione della nuova Lpt lo si potrà stilare non prima del 2022. E in Parlamento già è manifesta la spinta in direzione di un allentamento dei vincoli che bene o male (più male che bene, invero) ‘proteggono’ dal cemento le aree fuori dalle zone edificabili. Di più: gli enormi interessi delle lobby dell’immobiliare, del cemento e di chi vi gira intorno continueranno a svilupparsi. E la loro sete di profitti non è certo estranea agli scempi che, in nome di una tanto sbandierata densificazione, ancora oggi vengono compiuti in Ticino e altrove.

Ce n’è abbastanza per decidere di lanciare un segnale, e quindi dire ‘sì’ alla ‘radicale’ (ma per certi versi inefficace, quando non potenzialmente controproducente) iniziativa dei Giovani Verdi. Ma ce n’è abbastanza anche per dare una chance alla Lpt, “uno dei progetti di legge più intelligenti degli ultimi decenni” (‘Tages-Anzeiger’), al quale i Cantoni si conformano e che dal 2014 il Tribunale federale applica in maniera rigorosa.

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