Commento

Quei bacilli in agguato… in ufficio

Il primo banco di prova fra una quindicina di giorni col picco di grippe

Ti-Press
5 gennaio 2019
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Succede, e non di rado. Il dipendente si reca (oltre un certo livello sarebbe meglio dire si trascina) a lavorare anche se il naso gli cola e la testa gli duole, perché – avvertono alcuni studi – il poveretto ha paura di perdere il posto di lavoro. Lo fa benché – nella peggiore delle ipotesi – potrebbe infettare i colleghi e, nella migliore, renderà meno o rallenterà la propria guarigione. Così viene violato un dovere di lealtà: recarsi al lavoro non necessariamente solo se sani come pesci, ma non ammalati. Se poi il tale lavora a stretto contatto fisico con altri, la lealtà va ben presto a farsi benedire anche nei confronti dei colleghi esposti al contagio.

Per i sindacati, i superiori devono mandare a casa chi non sta bene. E su questo conveniamo. Ma poi gli stessi sindacati sono anche fortemente contrari al lavoro a domicilio in caso di malattia propria o dei propri figli che necessitano le cure dei genitori lavoratori. Capiamo che ognuno tiri l’acqua al proprio mulino, sindacati compresi. Ma un minimo di flessibilità – almeno sul lavoro svolto eccezionalmente a domicilio, lo sottolineiamo, se è possibile – non guasterebbe. Altrimenti uno per paura di finire (ingiustamente) nel mirino preferirà/deciderà di recarsi al lavoro anche coi bacilli e ci si ritroverà ai piedi della scala. Attendiamo il primo banco di prova fra una quindicina di giorni. Picco di grippe, ahinoi, in arrivo! E, come il meteo, ormai anche queste previsioni ci azzeccano fin troppo bene.

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