Commento

'Hasta la victoria’, Mendrisiotto

L’aria, qui nel lembo estremo del cantone, da tempo non è più un granché. E anche di territorio, ormai, ne è rimasto poco da ‘colonizzare’.

5 gennaio 2019
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L’aria, qui nel lembo estremo del cantone, da tempo non è più un granché. E anche di territorio, ormai, ne è rimasto poco da ‘colonizzare’. Troppe strade (e traffico), case, cemento e capannoni, si dirà. In effetti negli anni (e ancora oggi, invero) si sono lasciate avanzare le gru. E il proverbiale pane e lavoro? Da tanto non sono più una certezza, neanche da queste parti: il primo è sempre più duro da guadagnare, il secondo appare sempre più scarso. Bocconi amari per una terra delusa, innanzitutto, da chi (come le ex regie federali) glieli ha garantiti per anni; e ora taglia (o meglio trasferisce) posti di lavoro e servizi: è accaduto anche nell’anno appena chiuso (pensiamo a Chiasso: stazione Ffs e Posta). In effetti, si investe (e si centralizza), ma altrove; e quando si convogliano qui a sud le risorse, lo si fa forzati dalla necessità di non perdere il passo con la rivoluzione digitale. Che non è per forza sinonimo di occupazione. Eppure, il Mendrisiotto non si è mai arreso. Perché questo Distretto non ha perso, almeno sin qui, il suo spirito battagliero, ma ancora di più la sua gente non ha messo d’un canto il bisogno di affrancarsi dalla sindrome di Cenerentola. Appendice sud va bene, ma non periferia dimenticata. Sarà per questo che la voglia di farcela, e di dimostrare di avere qualcosa da dire, ha spinto istituzioni, mondo associativo e popolazione a non tirarsi indietro quando c’era da fare da… battistrada. Non a caso, spesso e volentieri, tanti progetti pilota (anche a valenza cantonale) si sono testati nella regione: dalle auto elettriche (ricordate il Vel in formato mendrisiense?) alle collaborazioni di rete (sociale e sanitaria), passando per le alternative di una mobilità più sostenibile e la creazione della Regio Insubrica, che sembra tornata a essere una buona piattaforma di dialogo e confronto con gli interlocutori da oltreconfine. Nel 2018 qualche impegno la Regio l’ha portato a casa. C’è da chiedersi: oggi il Mendrisiotto ha conservato il coraggio di rischiare, nel segno di un futuro migliore (detto senza retorica)? C’è da augurarselo. Il 2019 potrebbe rivelarsi cruciale per il Distretto (e non solo perché precede l’anno delle elezioni comunali). In realtà, le fondamenta si sono messe proprio nel 2018. Prendiamo Mendrisio. In quanti avrebbero scommesso che, nel dopo Croci, il capoluogo avrebbe avuto un sindaco in quota Plr (Samuele Cavadini)? E quanti immaginavano che questo passaggio di testimone avrebbe aperto la strada al cambiamento? Tant’è che questo mese, dopo anni, in Municipio tornerà una donna (Francesca Luisoni). In un certo senso sarà un ‘Me Too’ in salsa nostrana: da declinare (avvertenza) con un maggiore bisogno di presenze femminili nei Municipi. Se poi, per davvero, Mendrisio saprà cogliere l’invito degli architetti romandi che si sono distinti nell’interpretare il Piano direttore comunale e metterà al centro del suo sviluppo urbanistico un fiume (il Laveggio), quindi il territorio, e non il ‘cemento’, allora la rivoluzione copernicana sarà compiuta. A sud del sud, invece, Chiasso sarà chiamato piuttosto a tenere il punto sul diritto al lavoro e ad avere più voce in capitolo. E qui la politica locale dovrà mostrare pienamente di avere il coraggio delle proprie azioni. Non solo facendo muro alle misure dell’esecutivo e difendendo la gratuità della refezione scolastica (alla materna); scordandosi peraltro di alimentare pure la cultura. Su un solo punto lo spirito ‘garibaldino’ del Distretto si raffredda: sul progetto (cantonale) di disegnare un Comune unico. L’idea non sfonda. Il moto aggregativo – andato a buon fine a Mendrisio, Castel San Pietro e Breggia – si è esaurito (per il momento), nonostante le aspirazioni chiassesi. Rivoluzionari sì, ma con i piedi per terra.

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