Commento

Di cultura e di indotti

Fine dicembre: tempo di bilanci per l’anno che sta per concludersi e di buoni propositi per l’anno che verrà.

28 dicembre 2018
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Fine dicembre: tempo di bilanci per l’anno che sta per concludersi e di buoni propositi per l’anno che verrà. Esercizio prezioso, a patto di impegnarsi un minimo, evitando i generici “essere più buoni” che tanto ricordano quella pace nel mondo, classico auspicio delle aspiranti miss dei concorsi di bellezza. Che poi non sarà più così perché, tra le tante cose accadute in questo 2018 ormai agli sgoccioli, c’è sicuramente il consolidamento del movimento #MeToo che – mettendo al centro del dibattito pubblico non solo molestie e abusi sessuali, ma più in generale la parità di genere – ha portato (anche) a un ripensamento di Miss America e degli altri concorsi simili sparsi per il mondo, archiviando non solo il bikini ma, almeno nelle intenzioni, proprio un’immagine di femminilità non più attuale ma certamente diffusa. E, in questo caso, l’auspicio per il 2019 è che questo movimento continui a rinnovare la società; se possibile superando certi eccessi moralistici e persecutori che purtroppo non sono mancati.

Rinnovare la società è del resto la cosa migliore che possa fare la cultura. Ma per questo serve un dialogo tra cultura – intesa in senso ampio, includendovi ad esempio anche il sapere scientifico – e società, dialogo che non sempre si riesce ad avere: vuoi perché talvolta il mondo culturale – di nuovo: inteso in senso ampio – si chiude in se stesso, rivolgendosi solo ai propri pari e trattando gli altri da ignoranti che devono solo star zitti e ascoltare; vuoi perché, complice uno “spirito del tempo” contrario a caste ed élite, si diffida di chiunque abbia gusti e competenze che divergono anche minimamente da quelli di un non meglio precisato “uomo qualunque”. A questo riguardo, fortunatamente in Svizzera la situazione non è pessima – per quanto neppure ottima, visto che son presenti entrambe le tendenze di cui sopra. Pensando alla Svizzera italiana, abbiamo la fortuna, anche grazie allo statuto di minoranza linguistica, di una produzione culturale ricca e variegata. Ma non sempre equilibrata, anzi: gli squilibri – di distribuzione geografica e temporale, di tipo di attività, di pubblico di riferimento – sono molti, ed è qui che conviene concentrare i buoni propositi per il 2019: portare un po’ d’ordine. Cosa che, è bene notarlo, le istituzioni cantonali sembrano intenzionate a fare.

Compito difficile, non solo perché scontenterà molti ma anche perché richiede una visione, una idea di cultura ben definita, forte e inclusiva. Idea che non sempre è chiaro quale sia e qui val la pena, sempre per i buoni propositi per il 2019, segnalare una tendenza che solleva qualche perplessità: l’insistere sugli aspetti economici della cultura. Che, sia chiaro, ci sono e sono importanti: la cultura è per molti un lavoro e come tale va riconosciuto e pagato. E comporta certamente un indotto economico del quale sarebbe stupido non tenere conto. Per cui ben vengano le riflessioni sul tema, a iniziare dallo studio sull’impatto economico della cultura voluto dal Dipartimento delle finanze e dell’economia e dal Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport, i cui risultati arriveranno nel 2020. Tuttavia, sarebbe un peccato se l’aspetto economico diventasse l’unica o anche solo la principale preoccupazione, quasi che la cultura sia solo o soprattutto una risorsa da sfruttare al meglio. Insieme all’indotto economico c’è infatti l’indotto umano. Perché, come detto, rinnovare la società è la cosa migliore che possa fare la cultura.

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